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L'Amazzonia lancia un grido di dolore

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Report Greenpeace, con Bolsonaro +75% deforestazione in Brasile: gli incendi forestali cresciuti del 24%, emissioni di gas serra aumentate del 9,5%

Da quando Jair Bolsonaro è diventato Presidente del Brasile, nel 2019, la deforestazione amazzonica è aumentata del 75,6 per cento, gli allarmi per gli incendi forestali sono cresciuti del 24 per cento e le emissioni di gas serra del Paese sudamericano sono aumentate del 9,5 per cento. Lo rivela il rapporto “Dangerous man, dangerous deals”, pubblicato oggi da Greenpeace, che si basa sui dati raccolti dall'Istituto brasiliano di ricerche spaziali (Inpe).

Secondo il report, nel 2019 il tasso annuo di deforestazione in Amazzonia era di 7.536 kmq. Tre anni dopo, l'Inpe ha annunciato che, tra agosto 2020 e luglio 2021, sono stati distrutti 13.235 kmq di Amazzonia: un aumento del tasso di deforestazione di oltre il 75 per cento rispetto al 2018. Già durante il primo anno di governo, la deforestazione in Amazzonia era aumentata del 34% rispetto al 2018, passando da 7.536 kmq a 10.129 kmq di foresta distrutta.

La deforestazione si è tradotta anche in un drammatico aumento degli incendi, spesso appiccati illegalmente per favorire l’espansione dell’agricoltura industriale e del settore estrattivo attraverso il cosiddetto “cambio di uso del suolo”, cioè l’eliminazione della vegetazione autoctona per fare spazio principalmente a piantagioni e pascoli, ma anche a infrastrutture e miniere. I dati triennali diffusi dall'Inpe mostrano, per esempio, un incremento del 15 per cento di incendi nel Cerrado, la savana più ricca di biodiversità del pianeta, e del 218 per cento nel Pantanal, la zona umida più grande del mondo.

“L’agenda politica del presidente brasiliano ha peggiorato le condizioni di ecosistemi preziosi per la salute del pianeta e di numerosissimi Popoli Indigeni che lottano per proteggerli. Nonostante ciò, l’Unione europea non solo ha continuato a fare affari con il Brasile, ma ha anche rispolverato l’accordo commerciale Ue-Mercosur, che rischia di inondare il mercato europeo di prodotti legati alla deforestazione e alla violazione dei diritti umani, come la carne, favorendo settori che aggravano la crisi climatica”, afferma Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia.

“Se l’Unione europea vuole davvero proteggere foreste e biodiversità - aggiunge Borghi - deve fermare l'accordo Ue-Mercosur una volta per tutte e adottare politiche che portino alla diminuzione dei consumi ed evitino l'immissione sul mercato comunitario di prodotti e materie prime legati alla distruzione di ecosistemi preziosi per la salute del pianeta e alla violazione dei diritti umani, a partire dalla carne”.

2 anni fa
Autore
Claudio Mascagni

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