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Il lavoro nero si sceglie

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Nel quadro analizzato dalla Cgia di Mestre emerge un'analisi spietata del fenomeno dei lavoratori invisibili

Sono 3,2 i milioni di lavoratori irregolari impiegati in Italia ma la maggior parte di questi, ad eccezione di quanti ricadono nel triste fenomeno del caporalato e dello sfruttamento, il lavoro nero lo sceglie: è la Cgia di Mestre a puntare il dito contro "la concorrenza sleale" di quegli "invisibili", pensionati, dopo-lavoristi, inattivi, disoccupati o persone in Cig, che prestano una serie di grandi e piccoli servizi senza dichiararlo al fisco.

"La maggioranza di chi lavora irregolarmente è costituita, in particolar modo, da persone molto “intraprendenti”, che ogni giorno si recano nelle abitazioni degli italiani a fare piccoli lavori di riparazione, di manutenzione (verde, elettrica, idraulica, fabbrile, edile, etc.) o nel prestare servizi alla persona (autisti, badanti, acconciatori, estetiste, massaggiatori, etc.). Un esercito di “invisibili” che, ovviamente, non sono alle “dipendenze” né di caporali né di imprenditori aguzzini ma, attrezzati di tutto punto, si spostano in maniera del tutto autonoma e indipendente, provocando danni economici spaventosi. Questi lavoratori irregolari sono in gran parte costituiti da pensionati, dopo-lavoristi, inattivi, disoccupati o persone in Cig che arrotondano le magre entrate con i proventi recuperati da queste attività illegali", si legge nel dosseir Cgia.

Una concorrenza "sleale inaccettabile" , prosegue, perchè è evidente che a rimetterci "non sono solo le casse dell’erario e dell’Inps, ma anche le tantissime attività produttive e dei servizi, le imprese artigianali e quelle commerciali regolarmente iscritte presso le Camere di Commercio che, spesso, subiscono la concorrenza sleale di questi soggetti. I lavoratori in nero, infatti, non essendo sottoposti ai contributi previdenziali, a quelli assicurativi e a quelli fiscali consentono alle imprese dove prestano servizio – o a loro stessi se operano sul mercato come falsi lavoratori autonomi – di beneficiare di un costo del lavoro molto inferiore e, conseguentemente, di praticare un prezzo finale del prodotto/servizio molto contenuto. Condizioni, ovviamente, che chi rispetta le disposizioni previste dalla legge non è in grado di offrire".

Un lavoro nero lontano da quel caporalato e dalla sfruttamento di lavoratori, soprattuto in agricoltura, che, dice ancora Cgia, hanno assunto dimensioni preoccupanti: "secondo alcune stime, infatti, in Italia sarebbero circa 200 mila le persone vulnerabili, ovvero braccianti costretti a lavorare in condizioni di grave sfruttamento. Una piaga sociale presente non solo nel Mezzogiorno, anche se questa ripartizione geografica presenta livelli di diffusione maggiori che nel resto del Paese".

 

2 anni fa
Foto: pixabay
Autore
Claudio Mascagni

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