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Il Mediterraneo che sia centro e non confine

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Alla Conferenza 'Rome Med-Mediterranean Dialogues’ interventi del premier Draghi e del ministro degli esteri Di Maio

Il Mediterraneo al centro dello sviluppo e non spazio di confine, con l'Italia sempre più locomotiva economica (e sociale) non solo d'Europa ma anche del bacino mediterraneo. Interventi dai toni propositivi alla Conferenza 'Rome Med-Mediterranean Dialogues’ interventi del premier Draghi e del ministro degli esteri Di Maio. "L’Italia sostiene con convinzione la nuova Agenda per il Mediterraneo dell’Unione Europea. I considerevoli impegni finanziari nella regione devono stimolare una ripresa equa e sostenibile. Le transizioni in corso – prime fra tutte quella digitale e quella ambientale – creano lo spazio per un percorso di stabilità e prosperità. Alla base di questi obiettivi deve esserci una visione condivisa per il Mediterraneo. Non come confine meridionale dell’Europa, ma come centro culturale ed economico" così il presidente del Consiglio Mario Draghi, chiudendo il suo intervento alla Conferenza 'Rome Med-Mediterranean Dialogues’.

Il Mediterraneo è una regione interessata da una serie di transizioni, che vanno accompagnate perché non restino incompiute e perché generino sicurezza e prosperità: è invece il senso dell'intervento del ministro degli Esteri Luigi Di Maio nel suo intervento alla settimana edizione del Forum Med promossa dall'Ispi e dalla Farnesina, edizione che ruota proprio attorno al concetto di transizione.

"Viviamo, infatti, un momento di profondi cambiamenti e grandi sfide, tra cui la pandemia e gli effetti del ritiro dall’Afghanistan: due eventi che hanno rimesso in discussione alcuni importanti paradigmi delle relazioni internazionali. Il Mediterraneo, a sua volta, è interessato da una serie di transizioni, geopolitica, securitaria, economica e sociale, che ne confermano la centralità strategica a livello globale - sostiene il ministro - Dobbiamo far sì che queste transizioni non restino incompiute. L’obiettivo di fondo è quello di accompagnarle affinché generino sicurezza e prosperità, creando società più inclusive ed eque, in cui i diritti fondamentali della persona trovino sempre maggiore tutela".

Tra le transizioni in atto Di Maio cita anzitutto quella di natura geopolitica: "Il perimetro delle sfide regionali, dal terrorismo ai flussi migratori, si è infatti progressivamente 'allargato', spingendosi oltre le sponde nord, sud ed est, e coinvolgendo il Golfo, l’Africa Occidentale, il Sahel e il Corno d’Africa. Oggi Europa, Mediterraneo e Africa sono sempre più interconnessi, tanto da configurare una sorta di 'macro-continente verticale'".

"Su questa tela di fondo, ancora segnata da tensioni e conflitti, è nostra ambizione incoraggiare la transizione da uno schema di sicurezza regionale 'a somma zero' a un nuovo paradigma, un nuovo sistema fondato su dialogo, disponibilità al compromesso e fiducia reciproca - propone Di Maio - Si tratta di favorire la definizione di ordini di sicurezza regionali, inclusivi e multilaterali, ad esempio nel Golfo e nel Mediterraneo Orientale".

Quindi la seconda transizione, quella verde e digitale. "Il Mediterraneo è tra le aree più vulnerabili ai cambiamenti climatici, con una temperatura che aumenta del 20% più rapidamente rispetto alla media globale e una riduzione delle precipitazioni estive che potrebbe arrivare al 40% - afferma il ministro - Sarà fondamentale, perciò, intraprendere un processo di transizione, in cui le energie rinnovabili siano sempre più centrali nelle relazioni energetiche regionali". Secondo Di Maio, "altrettanto cruciale è investire in innovazione e transizione digitale: sviluppare tecnologie e competenze digitali può consentirci di porre un rimedio efficace alla disoccupazione giovanile che, già nel 2020, registrava nell’area Mena un tasso tra i più alti al mondo".

L'obiettivo è di 'ricostruire meglio' per rendere le società della regione più inclusive e resilienti. "La transizione sociale è, perciò, il terzo pilastro su cui poggiare il rilancio della cooperazione intra-regionale e con l’Europa - sostiene - Lo è, in primo luogo, con riguardo all’assistenza alle comunità e alle categorie più vulnerabili", se si considera che l’impatto della pandemia minaccia di far aumentare da 176 a 192 milioni la porzione di popolazione in condizioni di estrema povertà.

2 anni fa
Autore
Claudio Mascagni

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