I libri ed politici: leader o influencer?
Indagine su marketing e comunicazione politica: da Berlusconi a Renzi alla rivoluzione digitale di Grillo e Casaleggio
La politica vista con gli occhi del marketing e viceversa. Come nasce il primo manifesto di Silvio Berlusconi, l’arrivo di Matteo Renzi, la rivoluzione digitale di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. E' in libreria, edito da Guerini&associati, 'Chi mi ama mi voti' di Domenico Petrolo e Lorenzo Incantalupo, un volume che indaga il ruolo del marketing e della comunicazione politica, le dinamiche che la politica ha con se stessa e con i propri consumatori-elettori. Come comunica la politica? Quanto è stata contaminata dal marketing? Politici leader o politici influencer? Queste alcune delle domande a cui gli autori hanno cercato di rispondere anche attraverso la testimonianza di chi ha vissuto in prima persona il mondo della comunicazione politica con interviste a personaggi di rilievo nel mondo politico italiano e non solo.
Come Oliviero Toscani: "Grillo -racconta- era un mio amico, veniva a casa mia a discutere dei Cinque Stelle. L’ho mandato a cagare il giorno che mi ha detto: 'Domani andiamo a fare il Vaffa Day'. Mi ha anche chiamato [negli anni scorsi, nda] per andare a fare un discorso sulla comunicazione. Gli ho detto: 'Vai a cagare tu e tutti i tuoi adepti'". O Luca Josi, ex segetario del Movimento Giovanile Socialista, che si rammarica di non aver mai fatto fotografare la stanza di Bettino Craxi al Raphael, divenuto emblema dello sfarzo craxiano: "Bisognava vedere cos’era la stanza di Craxi. Ho sicuramente sbagliato io, quando ho dismesso la sua camera del Raphael, a non fotografarla; si sarebbe trattato di un elemento storico che avrebbe chiuso in modo tombale le polemiche sul fasto socialista. Sarebbe stato giusto lasciare una testimonianza di quelle due stanzette, ingolfate di carte e libri; si trattava infatti di un appartamento che un dirigente di una qualunque media industria, traslocato da altra sede, avrebbe sdegnosamente rifiutato".
E poi si arriva a Rocco Casalino, responsabile comunicazione Movimento 5 Stelle. Chi sono i leader che comunicano meglio? "A me nel 2018 preoccupava molto la comunicazione di Salvini, oggi è totalmente un’altra cosa, la percepisco molto debole. Renzi le ha sbagliate quasi tutte, avrebbe dovuto prendere un bravo comunicatore e dargli ascolto". E su Giorgia Meloni osserva: "Ha una sua efficacia comunicativa che andando avanti però inizia a scontrarsi con l’inefficacia del suo governo. Lei fino adesso è stata astuta nel dire che la responsabilità è di chi è venuto prima di lei e magari se arriverà alla fine dei cinque anni dirà che gliene servono altri cinque per cambiare veramente le cose. Una parte di elettorato le crederà perché, come dicevo, è brava a comunicare e ha un approccio decisionista. Ma un’altra parte no, perché si renderà conto che rispetto alle promesse elettorali nulla sarà davvero migliorato. Sanità, scuola, immigrazione, burocrazia, infrastrutture, siamo sempre ultimi in Europa. Le cose si cambiano pestando i piedi a qualche potere forte. A Meloni manca questo coraggio e rifugge lo scontro".
Alessio De Giorgi, responsabile Comunicazione del Partito Democratico Europeo e già responsabile della comunicazione digitale di Italia Viva, spiega come i social siano i 'migliori alleati' dei populisti: "Noi che abbiamo una cornice etico-valoriale, che abbiamo una precisa cultura politica, questi problemi ce li poniamo. Poi certo a volte sembriamo dei 'disadattati' rispetto alle piattaforme con cui interagiamo. Italia Viva, gli altri partiti centristi, il Pd e in larga parte Forza Italia pensano di applicare i propri princìpi etici a delle piattaforme le cui regole hanno poco a che fare con l’etica, ma con l’efficacia, la viralità, l’effetto che fa sulla bolla che ti segue. Fratelli d’Italia si barcamena stando a metà: ha tratti populisti, ma ha anche una solida cultura politica, anche se non è la mia. Lega e M5S non si pongono questo problema, avendo uno scarso orizzonte etico. Perché in tutto questo è evidente che le piattaforme senza governance, che pensano solo al profitto, sono i migliori alleati dei populisti".
De Giorgi racconta anche un episodio vissuto in prima persona sulle possibili storture dei social: "Nel 2019 mi contattò un’azienda del nord Italia che aveva sviluppato già allora un sistema di intelligenza artificiale primordiale, per creare commenti fake in una quantità enorme su Facebook e Twitter. Li incontrai in un bar a Roma, la mia sensazione era che lavorassero principalmente per la Lega, mi presentarono un progetto con una quotazione economica dicendomi 'se vuoi ammazzare comunicativamente Zingaretti, ci pensiamo noi. Lo inondiamo di due, tremila commenti al giorno sui suoi canali social, soprattutto Facebook, Instagram e in parte anche Twitter'. Naturalmente non ero molto per la quale, ma per trasparenza lo raccontai a Matteo [Renzi, nda] che ovviamente mi disse di rifiutare la proposta".
Come spiegano gli autori, Domenico Petrolo e Lorenzo Incantalupo, “Tra candidati influencer e politici candidati alle europee solo per mettere il loro nome nel simbolo, questi temi sono più che mai attuali. Chi mi ama mi voti vuole essere anche un utile guida per le prossime Elezioni Europee, perché è prima di tutto un atto d’amore alla buona politica e al marketing nella sua versione più virtuosa".
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