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Chi succederà al fondatore del World Economic Forum?

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'Mr Davos' chi era costui? Si apre la successione nel dietro le quinte al summit mondiale degli economisti e dei capi di Stato

"E' la corsa politica di cui tutti hanno paura di parlare". Il sito di Politico Europe sintetizza così i conciliaboli, per la verità appena accennati e per la maggior parte in forma anonima, sulla successione a Klaus Schwab, 85 anni a marzo, fondatore del World Economic Forum (Wef), che non sembra avere alcuna intenzione di farsi da parte. E che sembra non apprezzare che si parli di chi verrà dopo di lui a voce alta.

Ma dietro le quinte del summit - giunto alla 52ma edizione e in corso in questi giorni - sono in molti a criticare l'ingegnere ed economista tedesco, "incapace" di trovarsi un successore. Se di incapacità si tratta. "Klaus è alla guida del Wef da 52 anni. Quando lui è nato nel 1938 122 dei 195 stati nel mondo neanche esistevano. Non rende conto assolutamente a nessuno all'interno ed all'esterno dell'organizzazione", ha denunciato al Guardian un gruppo di 'ammutinati', che comprende ex ed attuali membri dello staff del Wef, intenzionati a "giocare un ruolo nel dibattito sul futuro di questa organizzazione" e su chi la guiderà.

Ma lo vogliono fare in maniera anonima: "Esitiamo ad uscire allo scoperto, perché Klaus ha importanti connessioni e può renderci la vita molto difficile, anche per chi lascia il Wef", sottolineano.

Intanto però per la prima volta emergono i segnali iniziali di un diffuso malcontento, in particolare dopo l'articolo di Politico, che ha parlato dell'insoddisfazione sempre più diffusa all'interno di quello che viene considerato il 'campione mondiale' dei think tank per la mancanza di una strategia per la successione. Il sito ha parlato con 29 partner strategici del Wef, collaboratori attuali ed ex del Wef e membri dei comitati e delle comunità del Forum: tutti concordano, Schwab controlla strettamente la discussione sulla successione.

Anche coloro che conoscono bene il fondatore del Wef dichiarano di sapere poco dei suoi piani. I membri dello staff si sono in realtà abituati a vedere Schwab mettere in campo una figura politica di alto profilo per la successione, per poi veder sparire l'idea prima che diventi un piano. Alcuni di loro hanno anche detto di aspettarsi che resterà in carica fino alla sua morte, come i monarchi e i papi a cui i suoi critici dicono si ispiri.

Nel 2017 Schwab ha portato Borge Brende, ex ministro degli Esteri norvegese, a ricoprire il ruolo di presidente del Wef, mentre lui è rimasto presidente esecutivo, ma nulla è cambiato. E negli anni, fra i papabili alla successione sono emersi l'attuale presidente della Bce, Christine Lagarde, l'ex premier britannico Tony Blair, il co-ceo di Saleforce Marc Benioff, Peter Maurer, ex capo del comitato internazionale della Croce rossa e l'ex ministro dell'Economia tedesco Philip Rosler.

Ci sono poi i due figli, Nicole e Oliver: la prima è stata considerata a lungo dagli addetti ai lavori del forum come il successore designato, salvo poi lei stessa disimpegnarsi dal Wef, nonostante resti nel board. Il secondo lavora a tempo pieno per la creatura del padre come responsabile della tecnologia ed è membro del consiglio di amministrazione. Ma Schwab, nel 2020, ha smentito l'ipotesi che il figlio sia in lizza per sostituirlo, dichiarando alla Cnbc: "Potrebbe andare per la sua strada se volesse".

E si torna al punto di partenza, nessuna strategia per la successione. Con un 'veterano' americano dei vertici di Davos che chiosa: Schwab "ha il complesso di Dio e pensa di far parte dello 0,1% della popolazione più in forma. Ma nessuno è immortale. È assurdo che non abbiano un piano". Mentre qualcuno avverte: "Tutto (il Wef) potrebbe crollare se non si risolverà la questione".

 

 

1 anno fa
Autore
Pasquale Lattarulo

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