Omicidio di Senago: ergastolo per Impagnatiello
La famiglia di Giulia "Non è una vittoria" e ancora "nessuna famiglia viva più questo dolore"
Le lacrime di sollievo della famiglia di Giulia Tramontano e lo sguardo impassibile, quasi di sfida, di Alessandro Impagnatiello, hanno accolto una sentenza tanto attesa, quanto simbolica nella Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne: il barman 31enne che il 27 maggio 2023 a Senago, nel Milanese, ha ucciso con 37 coltellate la compagna incinta di sette mesi, prima di bruciarne e occultarne il cadavere, è stato condannato oggi all'ergastolo dalla corte d'Assise di Milano, presieduta dalla giudice Antonella Bertoja.
Ha retto l'impianto accusatorio delle pm Letizia Mannella e Alessia Menegazzo, che avevano chiesto per l'imputato l'ergastolo con 18 mesi di isolamento diurno. La corte ne ha inflitti tre, per un calcolo che tiene conto dei tre reati, con le aggravanti della premeditazione, del vincolo sentimentale che legava vittima e carnefice e della crudeltà. Cadono solo i futili motivi. "Già un buon risultato", commenta l'avvocato della difesa, Giulia Geradini, in attesa di leggere le motivazioni della sentenza, che verranno depositate tra 90 giorni.
Soddisfatto ma non certo sorpreso dal verdetto il legale della famiglia Tramontano, Giovanni Cacciapuoti: "Stante la mole mastodontica di prove, non c'era altra possibilità che si concludesse con un pieno riconoscimento delle responsabilità e con la condanna all'ergastolo". Attenzione però - avverte - a scambiarla per una "vittoria". La famiglia di Giulia "è stata sconfitta quando lei ha smesso di vivere per la bieca e malvagia responsabilità di quello che avrebbe dovuto essere il padre di suo figlio".
Un concetto ripetuto da tutti i membri della numerosa famiglia Tramontano, arrivati da Sant'Antimo, nel Napoletano, con le spille raffiguranti Giulia incinta e un fiocco rosso simbolo della lotta alla violenza contro le donne. Addosso a ognuno di loro un oggetto appartenuto alla 29enne e tra le mani le scarpine di Thiago, ucciso da suo padre prima ancora di nascere.
“Non abbiamo mai parlato di vendetta, non esiste vendetta. Abbiamo perso una figlia, un nipote, abbiamo perso la nostra vita”, dice mamma Loredana, dopo la lettura del verdetto. "Quello che abbiamo perso - le fa eco il marito - non lo riavremo mai. Oggi non abbiamo vinto, abbiamo perso in tutto". Silenzioso l'ultimogenito, il figlio Mario. Parla per lui il segno rosso dipinto sulla sua guancia all'uscita dal Palazzo di Giustizia, dove la famiglia ha partecipato al flashmob organizzato dall'Ordine degli avvocati di Milano nella Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.
A prendere la parola per tutti i Tramontano è Chiara, la sorella minore di Giulia, che rivolge un appello alle famiglie: "Non lasciamo che i ragazzi diventino uomini senza conoscere il rispetto verso le donne”. Quindi il richiamo alla società, che dovrebbe supportare chi vuole scappare da uomini violenti "ma, non avendo la possibilità economica per farlo, rimane incastrata in una rete in cui si illude che il suo supporto sia il suo aguzzino”. Per tutte le donne che "vivono una circostanza di vessazione e paura" l'auspicio di Chiara Tramontano è che Giulia possa essere un "esempio di coraggio e di determinazione. Mi auguro che qualsiasi donna veda l’immagine di mia sorella si ricordi che ha il diritto di vivere, di sperare, di sognare di essere una madre e di continuare ad amare”, ma soprattutto "che nessun’altra famiglia in futuro viva questo dolore".
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