Sempre più giovani italiani soffrono di Hikikomori
Le cifre sono quasi raddoppiate dopo la pandemia da Covid-19
Recenti statistiche, ma basterebbe anche una semplice osservazione estesa, dicono che sempre più giovani ragazzi italiani, già a partire dai 13-14 annni, soffrono della sindrome di Hikikomori.
Il termine giapponese hikikomori si traduce con stare in disparte o meglio, stare da soli. L'hikikomori è una persona che ha scelto di limitare o ridurre la propria vita sociale, spesso ricorrendo a livelli estremi di isolamento e confinamento o fenomeno sociale per cui un soggetto sceglie di autorecludersi, rifiutando il contatto con le persone intorno e il mondo esterno. Vi si associa la scelta di comunicare solo attraverso sistemi che garantiscano al soggetto il pieno controllo della comunicazione stessa, come quelli informatici.
Da un’analisi del gruppo di ricerca MUSA del Cnr-Irpps è in netta crescita il numero di adolescenti che non incontrano più i loro amici nel mondo extrascolastico: le cifre sono quasi raddoppiate dopo la pandemia da Covid-19. L’aumento dell'isolamento sociale in Italia costituisce un problema grave, già cronicizzato e correlato all’interazione di fattori relazionali e psicologici
La ricerca del gruppo multidisciplinare di ricerca “Mutamenti sociali, valutazione e metodi” (MUSA), pubblicata sulla rivista Scientific Reports del gruppo Nature, si è basata sui dati di due indagini trasversali condotte dal gruppo nel 2019 e nel 2022 su studenti di scuole pubbliche secondarie di secondo grado e su campioni rappresentativi a livello nazionale di adolescenti con un’età compresa tra 14 e 19 anni. Sono stati identificati tre profili di adolescenti: le “farfalle sociali", "gli amico-centrici” e i "lupi solitari": proprio all’interno di quest’ultimo profilo, è stato individuato un sottogruppo composto da adolescenti che non incontrano più i loro amici nel mondo extrascolastico, il cui numero è quasi raddoppiato dopo la pandemia, passando dal 5,6% del 2019 al 9,7% del 2022. Si tratta dei ritirati sociali.
Spiega Antonio Tintori, tra gli autori del lavoro assieme a Loredana Cerbara e Giulia Ciancimino del gruppo di ricerca MUSA del Cnr-Irpps: "Si è visto in particolare che l’iperconnessione, ossia la sovraesposizione ai social media, ha un ruolo primario in questo processo corrosivo dell’interazione e dell’identità adolescenziale e successivamente del benessere psicologico individuale. L’iperconnessione è principale responsabile tanto dell’autoisolamento quanto dell’esplosione delle ideazioni suicidarie giovanili. Lo studio mostra che non solo dal 2019 al 2022 sono drasticamente aumentati i giovani che si limitano alla sola frequentazione della scuola nella loro vita, ma anche nel mondo adolescenziale è significativamente diminuita l’abitudine a trascorrere il tempo libero faccia a faccia con gli amici: i “lupi solitari” sono addirittura triplicati in 3 anni, passando dal 15 al 39,4%”.
Sebbene leggermente più diffuso tra le ragazze, il fenomeno riguarda entrambi i sessi e non presenta sostanziali differenze regionali, relative alla tipologia scolastica frequentata o al background socio-culturale ed economico familiare, come invece si è supposto in passato. Questo indica con chiarezza che il problema sta diventando globale ed endemico.
Cosa accomuna questi giovani? Scarsa qualità delle relazioni sociali (con i genitori, in particolare con la madre), bassa fiducia relazionale (verso familiari e insegnanti), vittimizzazione da cyberbullismo e bullismo, iperconnessione da social media, scarsa partecipazione alla pratica sportiva extrascolastica e insoddisfazione per il proprio corpo. “Questi fattori, inoltre alimentati dall’influenza pervasiva delle pressioni sociali a conformarsi a standard anche estetici irraggiungibili, erodono l'autostima favorendo un senso di inadeguatezza nelle interazioni sociali con i coetanei”, aggiunge Tintori. “Abbiamo, inoltre, constatato che coloro che già versano in uno stato di ritiro sociale presentano un uso più moderato dei social media: ciò apre all’ipotesi che, all’aumentare del tempo di isolamento fisico ci si disconnetta gradualmente anche dalle interazioni virtuali, ossia ci si diriga verso la rinuncia totale alla socialità”.
Il fenomeno, assimilabile a quello degli hikikomori del Giappone, potrebbe generare una vera e propria emergenza sociale: “Il nostro studio, oltre a fornire risultati utili alla comprensione della natura del problema, evidenzia l’urgenza di interventi educativi e formativi da rivolgere a genitori e docenti scolastici, nonché di sostegno per i giovani, ovvero un supporto specifico verso gli adolescenti che versano nelle condizioni più critiche”, conclude il ricercatore.
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