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Lo sport ucraino e la propaganda russa

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Dura presa di posizione del campione di skeleton Vladyslav Heraskevych contro i colleghi: "vanno banditi da ogni competizione"

"Un giorno sei lì che giochi la tua battaglia, quella sul campo ghiacciato dove sei cresciuto e hai sudato. Lotti per una medaglia, per coronare i tuoi sacrifici e gli anni di allenamento. Sei lontano migliaia di chilometri, e intanto le truppe russe si avvicinano ai confini del tuo Paese, la guerra diventa una prospettiva affatto irrealizzabile, come mai vicina per me che ho 23 anni e nel 2014 ero poco più che un ragazzino. Non ho pensato ai rischi per la mia carriera, non ho pensato alle conseguenze e ho stretto tra le mani quel cartello con la scritta 'No war'. Un messaggio di pace, un gesto simbolico che rifarei ancora e ancora". A parlare è Vladyslav Heraskevych, campione ucraino di Skeleton e diciottesimo ai Giochi di Pechino, lì dove, dopo le prove, ha mostrato il messaggio contro i venti di guerra rischiando di essere squalificato.

"Oggi mi trovo a Kiev - racconta collegato dalla sua abitazione - dove la gente lotta contro la paura e le emozioni lavorando perché l'economia riprenda a girare e la città a vivere, nonostante gli attacchi. Ho pensato di arruolarmi alle forze armate, certo, ma essendo ancora uno studente all'Università non ho nemmeno esperienza militare e da sportivo professionista credo sia meglio che combatta come più sono capace". Ad esempio, 'imbracciando' un cartello, al posto di un fucile. "L'idea era già nata due settimane prima dei giochi, quando vedevamo l'esercito russo ai confini. E' stato lì che ho deciso che se la situazione non fosse cambiata, avrei fatto di tutto per far sì che ci fosse attenzione per questa situazione in Ucraina. Con il mio cartellone non ho condannato nessuno, ho mandato un invitato alla pace. E' arrivata solo la critica dalla Russia, ma in Ucraina c'é un detto secondo il quale il cappello brucia in testa al ladro".

I suoi occhi blu sono oggi ghiacchiati dal terrore di chi, rientrato dalla competizione maggiore per il suo sport, ha ritrovato un Paese, il suo, martoriato dalle bombe. "Non dimenticherò mai il primo giorno del conflitto, quando i nostri peggiori incubi si sono trasformati in realtà - racconta Vladyslav - Le case distrutte, le auto della gente crivellate di proiettili. E' stata immediata la decisione di diventare un volontario, di girare nei posti caldi del conflitto come Irpin o Cernihiv per portare aiuto concreto e conforto a persone che non hanno più nemmeno un posto dove stare". E' stato sempre lui ad appoggiare la possibile esclusione dalle competizioni sportive degli atleti russi. "Già con il doping hanno dimostrato di non incarnare i valori di onestà sui quali lo sport si regge - spiega - Gli atleti influiscono sull'opinione pubblica, lanciano messaggi positivi e di pace. Con la manifestazione in sostegno di Putin nello stadio Luzhniki hanno fatto il contrario. E dovrebbero essere esclusi da tutto lo sport per sempre".

Il riferimento è quanto accaduto in Russia un mese fa, quando il campione olimpico di nuoto Evgeny Rylov si è mostrato con la zeta sul petto, la lettera simbolo dell’invasione in Ucraina. Con lui anche Alexander Bolshunov (3 medaglie d'oro ai Giochi invernali di Pechino) e le ballerine olimpiche sul ghiaccio Nikita Katsalapov e Victoria Sinitsina. "Pochi sportivi russi si sono espressi contro la guerra e per loro dovrebbero esser realizzate condizioni che gli permettano di gareggiare anche con altri paesi - continua lo skeletonista - Pensare che lo sport dovrebbe restare fuori dalla politica è poco intelligente: noi rappresentiamo lo Stato, prima di una gara viene suonato l'inno, sventolata la bandiera, i finanziamenti allo sport sono statali".

Ed è per questo che lo trova più che d'accordo il no ufficiale di Wimbledon ai tennisti russi e bielorussi: "Ritengo sia una decisione giusta per due motivi - spiega ancora all'Adnkronos Heraskevych - sarebbe infatti una sorta di difesa per i bielorussi, che partecipando ai campionati potrebbero essere sfruttati dai russi e pagare le loro stesse sanzioni. E poi si scongiurerebbe una nuova, prevedibile propaganda da parte dei russi su un campo tanto importante. Molti atleti si sono arruolati nelle forze armate. Io, che ho pianto tanti amici morti in questa guerra, presto servizio come volontario, aiutato anche da chi non ha più nulla. Sono orgoglioso più che mai di essere ucraino, di essere tra questa gente, e sono colpito dall'aiuto che ci viene dato dal mondo: anche dagli skeletonisti italiani che ci hanno mandato le loro tute, le divise. Tutto questo rimarrà nella nostra memoria, nel bene e nel male. Come i momenti di spensieratezza che con gli amici proviamo a ritagliarci. Certo - dice - l'humor è quello nero, ma è così che capita all'improvviso di ridere tra le lacrime".

 

2 anni fa
Autore
Silvia Mancinelli

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