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Sgominato a Taranto il clan delle mogli

Operazione Polizia a Taranto

Sono 38 gli arresti, in gran parte donne, messi a segno dalla squadra mobile di Taranto

Se c'è chi è convinto che la Mafia sia un'organizzazione arretrata e maschilista, deve ricredersi in seguito al risultato dell'operazione conclusa dalla Squadra Mobile di Taranto coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce che ha sgominato un clan retto dalle mogli dei boss.

Alla fine gli arresti sono stati 38; di queste 38 persone, in gran parte donne, 28 sono finite in carcere e 10 agli arresti domiciliari.

Gli indagati sono accusati di essere responsabili a vario titolo di associazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e alle estorsioni, detenzione e porto illegale di armi e munizioni, lesioni personali, ed altro.

Appartenenti ad un clan mafioso già colpito nell’operazione "Città Nostra" nel 2016, gli indagati di oggi hanno continuato le loro “attività” sotto la guida del capo storico e del fratello di questo che, dal carcere, impartivano ordini attraverso le loro mogli.

In particolare, le donne avevano il compito di recapitare all’esterno del carcere messaggi contenenti ordini e direttive al gruppo criminale e di procedere alla riscossione del denaro frutto delle estorsioni.

Di fatto la moglie del capo era diventata “reggente” del clan, mentre la cognata aveva il compito di “supervisore” delle attività illecite. 

Dalle indagini è emerso che il clan godeva di una fama criminale tale da esercitare un controllo assoluto in varie zone della città sia sugli esercizi commerciali, sulle imprese di pulizia e sulla gestione dello spaccio di droga.

Gli investigatori sono riusciti, anche attraverso indagini tecniche, a dimostrare che il clan, sotto la direzione dei due fratelli detenuti, si fosse approvvigionato di droga direttamente da clan di Camorra spendendo il “buon nome” dei due a cui veniva riconosciuta una quota degli introiti.

Nel corso dell’indagine sono stati sequestrati 3 chili di cocaina, 200mila euro in banconote di vario taglio conservate anche in mazzette sottovuoto, armi e munizioni tra cui una pistola semiautomatica clandestina Beretta modello 98F calibro 7,65, una pistola tipo revolver marca Weihrauch modello HW38 calibro 38 special con matricola abrasa, risultata rubata; una pistola “da guerra” semiautomatica ed automatica con matricola abrasa, con funzionamento sia a colpo singolo sia automatico a raffica; una penna pistola calibro 6,35 (e, quindi, “arma tipo guerra”), un silenziatore perfettamente compatibile; numerosi proiettili calibro 7,65 e 38 special.

Oltre alle sostanze stupefacenti e le armi, sono state sequestrate anche numerose lettere. In particolare, corrispondenza trasmessa ad uno dei due fratelli dai componenti dell’associazione, dal padre e dai fratelli e, infine, corrispondenza da appartenenti ad altri gruppi criminali. Nelle lettere, si evince la vicinanza e la devozione al capo e si dà conto dell’attività estorsiva nelle quale si spende il suo nome e il suo prestigio.

2 anni fa
Autore
Luciano Razzano

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