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Superbonus, cosa cambia la dead line del 4 aprile

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Scade il termine per la dichiarazione delle spese sostenute nel 2023

Non è una data come le altre quella di oggi, 4 aprile, per il Superbonus. La scadenza di oggi interessa innanzitutto, chi ha realizzato interventi del superbonus e ha scelto la strada della cessione del credito.

Per le spese sostenute nel 2023 e per le rate residue non utilizzate delle detrazioni relative a spese sostenute nel 2020, 2021 e 2022, dovrà essere inviata un'apposita comunicazione all’Agenzia delle Entrate.

edilexporoma2024.gifLa scadenza è ordinariamente fissata al 16 marzo dell’anno successivo al sostenimento delle spese ma per il 2024 è stata oggetto di proroga a oggi, 4 aprile. Entro la giornata odierna i soggetti interessati dovranno provvedere all’adempimento per evitare di perdere i benefici dell’agevolazione. La comunicazione dovrà avvenire attraverso la piattaforma della cessione del credito, messa a disposizione nell’area riservata del portale dell’Amministrazione finanziaria.

Oltre la scadenza di oggi non sarà possibile provvedere all’invio dal momento che è stata eliminata la remissione in bonis. Lo strumento avrebbe permesso la regolarizzazione del mancato adempimento, con l'inoltro della comunicazione entro il 15 ottobre prossimo e il pagamento di una sanzione.

Superbonus: cosa cambia dopo la scadenza di oggi, 4 aprile
Cosa cambia dopo la scadenza di oggi, 4 aprile 2024? Il termine della giornata odierna “cristallizza” la situazione relativa alle spese sostenute fino al 2023, comprendendo anche gli importi di chi ha scelto la cessione del credito. Chi non provvede alla comunicazione entro oggi potrà poi scegliere esclusivamente di utilizzare il superbonus sotto forma di detrazione, quindi come “sconto” sull’IRPEF dovuta.

In diversi casi, tuttavia, le somme piuttosto allevate sostenute per gli interventi supereranno la capienza fiscale dei contribuenti. In altre parole, i soggetti potranno recuperare solo una parte dell’agevolazione edilizia, fino all’importo delle “tasse da pagare”.

Per sapere quale importo verrà perso si dovrà dividere per quattro (il numero di rate annuali previste per beneficiare del superbonus) il totale delle spese sostenute. L’importo dovrà essere confrontato con l’imposta netta dovuta. Nel calcolo si dovrà tenere conto anche delle altre detrazioni spettanti, ad esempio quelle legate alle spese mediche. La somma tra tutte le detrazioni non potrà superare l’imposta netta del soggetto.

I soggetti a cui sono destinati i crediti, i cessionari, dovranno invece accettare le somme che “compariranno” nei rispettivi cassetti fiscali. Successivamente gli importi potranno essere utilizzati in compensazione con modello F24. Non potranno invece utilizzarli come detrazioni.

Con la scadenza di oggi si conclude il percorso della prima rata delle spese sostenute nel 2023 e delle rate residue, non utilizzate, delle agevolazioni riferite alle spese sostenute nel 2020, 2021 e 2022.

Il prossimo anno la stessa scadenza interesserà le spese sostenute nel 2024 e le rate residue relative a spese sostenute in precedenza. Il numero di soggetti interessati però sarà nettamente minore, viste le restrizioni introdotte a partire dallo scorso anno.

Superbonus: cosa cambia con il decreto n. 39/2024
Salvo nuovi interventi normativi, i soggetti che potranno continuare a scegliere la cessione del credito dovranno segnare in calendario anche la scadenza del prossimo anno, per le rate residue o per le spese sostenute nel 2024.

La lista di chi può continuare a scegliere le opzioni indirette previste dall’articolo 121 del decreto Rilancio si riduce sempre di più. Un primo divieto generalizzato era stato previsto con il decreto Blocca Cessioni, che aveva interessato sia il superbonus che gli altri bonus edilizi.

Sulle eccezioni al precedente divieto è intervenuto il nuovo decreto del Consiglio dei Ministri, il n. 39/2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 29 marzo scorso e in vigore dal giorno successivo.

Il decreto estende il divieto previsto in precedenza ai lavori successivi all’entrata in vigore delle nuove norme, effettuati:

- dagli Iacp, Istituti autonomi case popolari;

- dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa;

- dagli enti del Terzo settore.

La cessione del credito resta, invece, per gli interventi su immobili danneggiati da eventi sismici che si sono verificati il 6 aprile 2009 e quelli dal 24 agosto 2016 nei comuni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria.

Bisognerà però fare attenzione perché la deroga al divieto si applicherà fino all’esaurimento delle risorse, che per il 2024 ammontano a 400 milioni di euro (dei quali 70 milioni sono destinati al terremoto dell’Aquila).

Oltre alle novità relative alla cessione del credito e all’eliminazione della remissione in bonis, il nuovo decreto introduce misure per acquisire maggiori informazioni sulla realizzazione degli interventi agevolabili. In determinati casi dovranno essere comunicati l’ammontare delle spese sostenute o previste e le percentuali di utilizzo delle agevolazioni.

Il mancato invio potrà portare alla sanzione di 10.000 euro, nel caso di interventi già avviati, o alla decadenza dell’agevolazione, per i nuovi interventi.

Viene inoltre prevista la sospensione della possibilità di compensazione delle agevolazioni in presenza di debiti con lo Stato di importo superiore a 10.000 euro. La sospensione si applica se sono passati 30 giorni dalla scadenza del pagamento e non ci sono provvedimenti di sospensione o piani di rateazione attivi.

5 Aprile
Autore
Eugenio Scribani

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