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Sversamenti nel Rio Pioppeto, sequestrato depuratore a Cassino

Sede della Cosilam a Cassino

Operazione del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale in provincia di Frosinone, 5 le misure cautelari eseguite

Ennesimo scandalo ambientale in provincia Frosinone; l’allarme arriva da Cassino dove il Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale ha proceduto al sequestro di un depuratore consortile e ha dato esecuzione a 5 le misure cautelari personali (3 arresti domiciliari, un obbligo di dimora e un divieto di dimora).

Il reato contestato è inquinamento. Sono in corso perquisizioni domiciliari. I fatti contestati risalgono al 2020 e 2021, derivanti da un fascicolo aperto nel 2018, e riguardano la società che gestisce un depuratore consortile che convoglia i reflui di alcune aziende e comuni del cassinate.

La struttura sequestra è il depuratore del consorzio Cosilam che, da quanto accertato dagli inquirenti, scaricava reflui in Rio Pioppeto

Campionamenti sono stati effettuati dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale sul corso d’acqua Rio Pioppeto, nel quale il depuratore del consorzio Cosilam di Cassino sequestrato questa mattina scarica i propri reflui, sia nello scarico finale dell’impianto sia a monte e a valle.

Dagli accertamenti svolti, che hanno portato il gip a emettere cinque misure cautelari per inquinamento, è emersa la continua e significativa violazione dei limiti tabellari stabiliti per i reflui dello scarico finale del depuratore consortile. E poi fortissime differenze qualitative delle acque del Rio Pioppeto, proprio in riferimento ai parametri riscontrati nel reflui di detto scarico. Piene di schiume e melme le acque del fiume, oltre ai forti odori.

Arresti domiciliari sono stati disposti per l’amministratore delegato, per il responsabile impiantistico e per il responsabile dell’area tecnica della società che gestisce il depuratore consortile. L’obbligo di dimora per l’ex project manager, mentre il divieto di dimora per l’ex responsabile dell’impianto di depurazione. I fatti contestati risalgono al 2020 – 2021, e riguardano la società che gestisce il depuratore consortile, che convoglia i reflui di alcune aziende e comuni del cassinate.

I Particolari

In particolare le analisi svolte da Arpa Lazio hanno evidenziato come nel punto di scarico sono stati ripetutamente superati i limiti dei parametri Cod (in un caso superiore più di 20 volte il limite), Bod5 (in un caso superiore più di 50 volte il limite), Solidi sospesi (in un caso superiore più di 50 volte il limite), Alluminio (in un caso superiore più di tre volte il limite), Solfiti (superiore anche più di 9 volte il limite), Solfuri (superiore quasi 4 volte il limite). A valle dello scarico è stata rilevata una qualità dell’acqua peggiore rispetto a quella a monte dello scarico: Cod (in un caso superiore più di 2440 volte il valore a monte), Bod5 (in un caso superiore più di 2900 volte il valore a monte), Solidi sospesi ( in un caso superiore più di 1470 volte il valore a monte), Alluminio (in un caso superiore più di 1221 volte il valore a monte); inoltre, ci sono rilevanti differenze nei valori dei parametri Fosforo totale (in un caso superiore più di 344 volte il valore a monte), Boro (in un caso superiore più di 204 volte il valore a monte), Ferro (in un caso superiore più di 895 volte il valore a monte), Piombo (in un caso superiore di 9 volte il valore a monte), Zinco (in un caso superiore di 100 volte il valore a monte), Azoto ammoniacale (in un caso superiore più di 7 volte il valore a monte) e Rame (in un caso superiore 24 volte il valore a monte).

Situazione oltretutto, secondo gli investigatori, ben nota agli indagati, i quali non solo erano a conoscenza del superamento dei limiti tabellari riguardo gli inquinanti immessi nel corpo recettore Rio Pioppeto, ma anche delle cause dovute alla provenienza di reflui in entrata presso l’impianto in quantità tali da arrecare criticità alla funzionalità del depuratore. In una occasione, infatti, il depuratore si presentava pieno di melme e fanghi, la cui provenienza era dovuta, secondo gli stessi indagati, a un’azienda che scarica i propri reflui nella rete consortile. Inerti, secondo le accuse, gli indagati sulle modalità necessarie per evitare che lo scarico dell’impianto inquinasse il fiume. Il Gip di Cassino, che ha disposto le misure cautelari personali e il sequestro del depuratore consortile, ha affidato la gestione dell'impianto a un amministratore giudiziario.

Sono tutti accusati di inquinamento ambientale il presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato della società 'A e A' spa, l’amministratore di fatto della stessa società, il responsabile degli impianti Cosilam gestiti dalla 'A e A', il project manager della società e il responsabile dell’impianto di depurazione Cosilam di Villa Santa Lucia, destinatari delle misure cautelari emesse dal gip del tribunale di Cassino ed eseguite questa mattina dai carabinieri forestali di Frosinone. Nei confronti dei primi tre, Riccardo Bianchi, Roberto Orasi e Amedeo Rota, sono stati disposti gli arresti domiciliari; per le altre due rispettivamente l’obbligo di dimora e di presentazione alla Polizia Giudiziaria e il divieto di dimora nel Comune di Santa Lucia e di presentazione alla polizia giudiziaria.

“Lo scarico del Cosilam ha alterato le acque del Rio Pioppeto, prima dell’emissione dello scarico idonee alla vita dei pesci”. E' la conclusione del consulente tecnico del pm incaricato di effettuare sopralluogo e analisi del corso d'acqua in relazione alle indagini effettuate dai carabinieri forestali di Frosinone per il presunto inquinamento ambientale contestato ai vertici della ‘AeA’ S.p.A. e al responsabile degli impianti Cosilam gestiti dalla stessa società. I risultati di analisi sempre "a sorpresa" sono riportati nell'ordinanza del gip Vittoria Sodano del tribunale di Cassino, che ha emesso cinque misure cautelari e disposto il sequestro dell'impianto di proprietà del Consorzio per lo Sviluppo Industriale del Lazio Meridionale.

Le intercettazioni

Dalle conversazioni telefoniche e ambientali captate nel corso delle indagini dei carabinieri forestali che hanno portato il gip di Cassino, Vittoria Sodano, ai mettere cinque misure cautelari e a disporre il sequestro del depuratore Cosilam, emerge come gli indagati fossero a conoscenza delle problematiche che presentava l’impianto di depurazione di villa Santa Lucia. Ciò nonostante, sottolinea lo stesso giudice nell’ordinanza, "si preoccupavano essenzialmente di non far trasparire all’esterno i problemi, piuttosto che adottare gli accorgimenti necessari per evitare l’inquinamento del corso d’acqua".

In una conversazione telefonica del 18 maggio 2020 tra il responsabile degli impianti Cosilam, Amedeo Rota, e un dipendente, anche lui indagato, i due parlano delle pompe ferme: una criticità che si ripete da tempo: "c’è qualche problema alla 1, perché ogni tanto io l’ho trovata sempre in stacco termico" fa notare il dipendente al capo. Colpisce, scrive il gip, come a voler risolvere il problema sia lo stesso dipendente "però domani mattina dobbiamo controllarla sta pompa eh", mentre Rota appare preoccupato più della gente che ha segnalato la criticità: "già stanno a rompe il ca...".

In un’altra conversazione lo stesso dipendente descrive a Rota la gravità della situazione che sta riscontrando alla stazione di sollevamento: “è grave sta cosa“ evidenziando un malfunzionamento del sistema automatico di partenza delle pompe. Riferisce anche, scrive ancora il gip, che i liquidi trasbordano dalla stazione di sollevamento e vanno a finire nel Rio sottostante e che i presenti se ne sono accorti “sotto qua al gruppo, l’acqua del pozzo va sotto quella vaschetta dove stanno le valvole di ritegno e e questi l’hanno visto questo fatto qua”. Rota conosce bene la problematica “eh lo so, lo so“ e sa cosa dovrebbe fare, ossia riparare la tubazione, ma consapevole che ci vogliono 10, 15.000 euro, con tono ironico dice al dipendente di farseli dare da chi aveva segnalato il problema “dicci a… che se ce li dà 10, 15.000 euro li aggiustiamo“ invitandolo a non disturbare più: “Non rompesse li cog…".

In una telefonata con la sorella il 17 luglio del 2020 la project manager della 'AeA' (la società che gestisce gli impianti Cosilam, ndr) tra i cinque destinatari delle misure cautelari emesse dal gip del tribunale di Cassino per inquinamento ambientale nell’ambito delle indagini effettuate dai carabinieri forestali di Frosinone, dice riferendosi all’altra indagata e responsabile dell’impianto di depurazione: “... sta in mezzo alla merda, che il depuratore sembra Gardaland. Praticamente quella vasca di ossidazione mi sembra Gardaland". Lo riporta il giudice Vittoria Sodano nell’ordinanza.

Già a maggio dello scorso anno, in una conversazione intercettata tra Amedeo Rota e un suo dipendente, anche lui indagato, il primo (responsabile degli impianti Cosilam, ndr) viene avvisato che il refluo all'interno della stazione di sollevamento ha raggiunto tre metri di altezza e che sono in funzione due pompe contemporaneamente. E' a quel punto, in tempi non sospetti ma quando i carabinieri forestali già indagavano che sbotta: “mo giù all’impianto succederà un macello”.

“Il cattivo funzionamento del sistema depurativo dell'impianto è dunque ben noto ai responsabili 'AeA', precisa il gip Vittoria Sodano nell'ordinanza, i quali non hanno nessuna intenzione di stanziare i soldi, lasciando che i reflui fuoriescono dalle vasche per di fruire non depurati nell’ambiente circostante”. 

2 anni fa
Autore
Luca Morazzano

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