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L'eredità di Abe è un mondo più preparato davanti alla Cina

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Il premier nipponico ricordato soprattutto per il suo contributo "cruciale" alla risposta della forte ascesa cinese

Shinzo Abe sarà ricordato soprattutto per il suo contributo "cruciale" alla risposta a lungo termine della comunità internazionale alle "sfide" poste dall'ascesa della Cina. Lo scrive Josh Rogin sul Washington Post, sottolineando come le condoglianze dei leader rispecchino "il rispetto internazionale" che si era guadagnato l'ex premier giapponese, ucciso ieri a Nara, "conservatore, nazionalista" che "credeva in alleanze, multilateralismo, diritti umani e rafforzamento dell'ordine internazionale basato sulle regole".

Abe, evidenzia nell'editoriale, ha riorientato la politica estera del Giappone per concentrarsi sulla "competizione a lungo termine con la Cina" quando Usa e altri leader nel mondo erano ancora "aggrappati" a un approccio basato sull'impegno con Pechino. E l' "Abenomics" faceva parte della sua missione, dimostrare che il Giappone poteva contribuire a guidare la risposta internazionale all'ascesa della Cina.

Rogin cita un'intervista a Tomohiko Taniguchi, consigliere di Abe per la politica estera che sottolinea come l'ex premier avesse capito che Tokyo doveva fare tre cose per resistere nel lungo periodo alla crescente potenza cinese, ovvero il Giappone avrebbe dovuto rafforzare la sua economia, reinvestire nella sua alleanza con gli Usa e ampliare i rapporti diplomatici arrivando ad Australia e India.

E Abe, prosegue, aveva anche "coltivato in modo meticoloso" il rapporto con Donald Trump. "Sapeva due cose, che la presenza continua degli Usa è cruciale per la regione e non solo e che il Giappone è fondamentale se gli Usa vogliono rimare impegnati nella regione", ha detto Taniguchi a Rogin, evidenziando come su questa considerazione fosse basato l'impegno di Abe sia con Barack Obama che con Trump.

E, va avanti nell'analisi, buona parte del quadro concettuale dell'attuale strategia Usa in Asia orientale può essere ricondotto alle iniziative e ai discorsi di Abe, come l'idea di un "Indo-Pacifico libero e aperto". Così come è stato "determinante" il lavoro dell'ex premier giapponese per riunire Usa, Giappone, Australia e India con la nascita del Quad. Tra i risultati riconosciuti da Rogin ad Abe, l'aver ampliato il ruolo delle forze di autodifesa e salvato il Tpp rinato come Cptpp. "Non tutti i piani di Abe hanno avuto successo", conclude Rogin, ricordando come l'ex premier giapponese abbia più volte negli anni incontrato il presidente russo Vladimir Putin nel tentativo, fallito, di risolvere annose dispute. E, aggiunge, l'approccio intransigente verso la Corea del Nord lo ha messo in disaccordo con le politiche di Trump e Obama. Uno degli ultimi atti a livello diplomatico riconosciuti ad Abe, quando all'inizio dell'anno ha lanciato l'allarme per Taiwan, chiedendo pubblicamente agli Usa di abbandonare l' "ambiguità strategica".

1 anno fa
Autore
Claudio Mascagni

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