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La svolta green con l'agrovoltaico?

Impianto fotovoltaico a terra

Uscito il decreto che consente alle aziende agricole di produrre energia alternativa rispettando le colture. Ma incombe la burocrazia

È arrivata finalmente la svolta in agricoltura? Col clima che mette in crisi un sistema già vessato dal mercato e da competitor scorretti provenienti fuori dal perimetro della Ue ecco che gli imprenditori agricoli guardano con verde speranza a un ipotetico nuovo corso.  
Infatti, sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica è stato pubblicato il decreto MASE che incentiva la realizzazione di sistemi agrivoltaici innovativi di natura sperimentale che dà attuazione alla misura di investimento del PNRR denominata Sviluppo agro-voltaico. L’obiettivo, manco a dirlo, è quiello di dare impulso al nuovo corso di produrre energia rinnovabile per non solo la tanto agognata autonomia energetica ma anche per creare un circolo virtuoso tra produttori e consumatori all’interno di una Comunità energetica rinnovabile, le cosiddette Cer. Ma andiamo con ordine, l’obiettivo ministeriale è quello di realizzare 1,04 gigawatt di nuovi impianti fotovoltaici su terreni agricoli, su cui possano coesistere la produzione di energia elettrica e l’attività agricola. Aspetto, questo, molto differente, rispetto all’utilizzo un po’ selvaggio del terreno che avveniva qualche anno fa, con l’installazione dei  pannelli fotovoltaici su campi incolti. Infatti, su questo aspetto il Ministero non ha voluto equivocare: tecnologia innovativa sì ma non a discapito dell’agricoltura, sia esso inteso anche come allevamento di bestiame, perchè altrimenti si è fuori dagli incentivi statali. Così, saranno montati dei moduli fotovoltaici elevati da terra con sistemi di monitoraggio dell’attività agricola (al di sotto dei moduli) in modo da poter verificare l’impatto dell’installazione fotovoltaica sulle colture.
Infatti, un limite imposto è che il 70% della superficie totale del sistema agrivoltaico sia volto all’attività agricola, con i moduli installati ad un’altezza minima da terra pari a 1,3 metri in caso di attività zootecnica e pari a 2,1 metri in caso di coltivazioni. Sono previsti forti incentivi ma anche un contributo a fondo perduto nella misura massima del 40% dei costi ammissibili relativi alle spese sostenute. 
Ci sarà la corsa verso questo nuovo Eldorado che potrebbe a livello teorico dare un minimo di respiro alle aziende agricole? Ni. Poiché presto scopriremo l’aumento del costo dei pannelli fotovoltaici, importati per la stragrande maggioranza dalla Cina -che detiene pressoché il monopolio del mercato mondiale- e forse anche qualche azione speculativa da parte di figure tecniche ambientali pronte a incentivare le pratiche dietro le prestazioni professionali. Poi, al di là di qualche cavillo discutibile e complesso dei vari punti cui devono sottostare le aziende agricole pronte a scommettere su questo connubio del futuro, restano dei dubbi sulle tempestive risposte del Gestore dei servizi energetici, il cosiddetto GSE, di consentire a questi singoli imprenditori che vogliono convertire una parte del terreno agricolo all’agrovoltaico e/o riunirsi in una Comunità energetica un ‘sano’ allaccio alla Rete nazionale, poiché una delle criticità maggiormente riscontrate sinora da parte di imprenditori che hanno già da tempo puntato sulla produzione di energia alternativa è proprio il riscontrare un allacciamento alla rete nazionale diretto e veloce. Quindi, senza spaventare gli imprenditori agricoli attratti da questa opportunità, ci sarà da affrontare il monstrum della burocrazia, che dovrà essere immediata a rilasciare le necessarie autorizzazioni. Ma questo lo scopriremo presto. 

23 Febbraio
Foto: pixabay
Autore
Giada Giacomelli

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