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La campagna vaccinale compromessa dai nazionalismi

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La denuncia di Amnesty: 'causa avidità delle aziende, il 2021 si è chiuso con meno del 4% della popolazione degli stati a basso reddito completamente vaccinata'

"Il rapido sviluppo dei vaccini contro il Covid-19 era apparso come la perfetta soluzione scientifica e aveva alimentato la speranza nella fine della pandemia per tutte e per tutti. Invece, nonostante fossero state prodotte sufficienti dosi per vaccinare tutta la popolazione mondiale entro l’anno, il 2021 si è chiuso con meno del quattro per cento della popolazione degli stati a basso reddito completamente vaccinata". È quanto sostiene Amnesty International in occasione del lancio del Rapporto 2021-2022 sulla situazione dei diritti umani nel mondo.

Sui palcoscenici globali del G7, del G20 e della Cop26, i leader politici ed economici hanno dedicato scarsa attenzione alle politiche che avrebbero potuto generare un’inversione di rotta nell’accesso ai vaccini, aumentare gli investimenti nella protezione sociale e affrontare l’impatto del cambiamento climatico. I capi di Big Pharma e Big Tech ci hanno raccontato storie sulla responsabilità d’impresa. Poteva essere il momento spartiacque per la ripresa, per un cambiamento genuino e importante, per un mondo più giusto. Invece l’opportunità è andata persa e si è tornati a quel tipo di politiche che alimentano la disuguaglianza. I soci del ‘Club dei ragazzi ricchi’ hanno fatto promesse in pubblico che si sono rimangiati in privato”, ha commentato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

Stati ricchi come quelli dell’Unione europea, il Regno Unito e gli Usa hanno fatto scorte di vaccini "oltre il necessario chiudendo gli occhi su Big Pharma che anteponeva i profitti alle persone attraverso il rifiuto di condividere la tecnologia che avrebbe consentito una maggiore distribuzione dei vaccini", denuncia Amnesty International. Nel 2021 Pfizer, BioNTech e Moderna hanno "avidamente stimato profitti fino a 54 miliardi di dollari mentre fornivano meno del due per cento della loro produzione agli stati a basso reddito".

"BigPharma - aggiunge l'organizzazione - non è stato l’unico gigante aziendale a indebolire, a scopo di profitto, la ripresa dalla pandemia. Le aziende proprietarie delle piattaforme social come Facebook, Instagram e Twitter sono state terreno fertile per la disinformazione, favorendo la diffusione dello scetticismo sui vaccini. Alcuni leader politici, poi, si sono comportati come super-diffusori di disinformazione, soffiando sul fuoco della sfiducia e della paura per loro obiettivi politici".

“Queste aziende hanno consentito ai loro remunerativi algoritmi di diffondere una pericolosa disinformazione sulla pandemia, dando priorità al sensazionalismo e alla discriminazione a discapito della verità. La dimensione dei profitti ricavati dalla disinformazione e l’impatto di tutto ciò sulla vita di milioni di persone pongono in capo a queste aziende importanti domande cui rispondere”, ha accusato Callamard.

2 anni fa
Foto: pixabay
Autore
Giada Giacometti

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