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Se la Cina va in crisi ne risentirà tutto il mondo

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Per il colosso asiatico si prospetta un periodo di stagflation: c'è una contrazione dei consumi e un aumento delle materie prime perché è importatore diretto

Il controllo della pandemia prima di tutto. L'obiettivo 'Covid-zero', il lockdown duro per fermare il coronavirus, più di due anni dopo i primi casi a Wuhan, nell'anno in cui Xi Jinping va verso il terzo mandato da leader. Ma in Cina non si ferma l'impennata dei contagi, non è chiaro come e quando finirà l'emergenza, un fatto che comporta "elementi di grande incertezza per il futuro e per gli imprenditori". La crescita ha subito un rallentamento: le stime per quest'anno parlavano di un Pil al 5,5% annuo. E +4,8% è il dato del primo trimestre. Il risultato "è buono", ma c'è "l'incertezza del Covid", che "fermi di nuovo consumi e produzione mentre i prezzi delle materie prime di stanno impennando", così "il rischio" è che la seconda economia del mondo entri in un periodo di "stagflation", ('stagflazione', stagnazione più inflazione), dice il sinologo Francesco Sisci, ricordando come "il volume del commercio cinese sia più grande del mondo, più grande di quello americano" e quindi se ci fosse "un impatto per il commercio cinese" il mondo intero ne soffrirebbe.

"La Cina ha una contrazione dei consumi. C’è un aumento delle materie prime che la colpisce perché è importatore netto di materie prime - osserva - Aumento dei prezzi e stagnazione economica e la Cina potrebbe essere attaccata da una 'stagflation'. E se questo si innesca, nei prossimi mesi potrebbe avere effetti pericolosi a livello globale". C'è un altro punto: il "'sentiment' degli investimenti rischia di peggiorare", dice Sisci, evidenziando come "fabbriche importanti come Apple e Tesla abbiano bloccato la produzione a Shanghai". "Non la trasferiranno certo da un momento all'altro però cosa pensano?", osserva, ragionando sia sull'andamento della pandemia di coronavirus sia sul fatto che "la Cina è sottoposta a pressioni politiche mentre altri Paesi non lo sono".

Tornando alla crescita, Sisci parla di un dato (+4,8%) "un po' sotto la media", ma comunque "abbastanza buono" rilevando però come la situazione attuale sia quella di un gigante asiatico (1,4 miliardi di persone) con "forse 80 città, tra grandi e piccole, in una forma di lockdown totale o parziale", con "circa mezzo miliardo di persone con limitazioni della libertà, della produzione e dei consumi" e di un impatto che è "certamente molto grande". E' una situazione "nuova" rispetto a due anni fa, quando il lockdown cinese "funzionava" e la popolazione "obbediva agli ordini" e aveva "fiducia nel governo".

Allora, ricorda, "Europa e America andavano verso una situazione di grande confusione e volatilità e invece la Cina, grazie alle sue misure di controllo sociale, riprendeva la produzione e l'attività". Oggi è il contrario. E "la Cina è ritornata dentro il Covid senza nessuna prospettiva chiara di come e quando ne uscirà", un fatto che "comporta elementi di grande incertezza per il futuro e per gli imprenditori".

2 anni fa
Foto: pixabay
Autore
Claudio Mascagni

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