Se Kiev resta anti-russa la guerra sarà inevitabile
Alexander Borodaj, leader della Repubblica popolare di Donetsk, non ha dubbi: ''il popolo russo diviso in maniera artificiale dopo la perdita della guerra guerra"
''La diplomazia può solo procrastinarla, ma finché l'Ucraina sarà un Paese anti-Russia, la guerra sarà inevitabile''. E' quando ha detto Alexander Borodaj, primo leader della "Repubblica popolare di Donetsk", separatista e filorussa, una delle due regioni ucraine di cui Putin ha riconosciuto l'indipendenza. Intervistato da La Repubblica, il deputato della Duma, la Camera bassa del Parlamento, e capo dell'Udv, il 49enne Borodaj è di fatto lo "stratega" dell'annessione russa della Crimea e dell'autoproclamata indipendenza del Donbass. ''Imperialista russo'', così si definisce è convinto che ''il popolo russo sia stato diviso in maniera artificiale dopo la perdita della guerra fredda''. ''Credo che il popolo russo si debba riunificare e vivere in uno stesso Paese che comprenda i territori che appartenevano originariamente alla Russia. Parlo dell'Ucraina orientale'', afferma.
Borodaj ha combattuto in Transnistria e in Tajikistan, partecipato alla prima guerra cecena e infine alla guerra nel Donbass. ''All'Università di Mosca mi sono specializzato nella risoluzione di conflitti inter-etnici e ho fondato un'azienda di consulenze per società statali e private'', spiega. Quando nel febbraio 2014 la rivolta di Majdan a Kiev depone il presidente filorusso Janukovich, Borodaj diventa ''l'assistente'' - così si definisce - di Serghej Aksionov che ha preso il potere come premier della Repubblica autonoma di Crimea. Si sposta nel Donbass a fine marzo dopo la proclamazione unilaterale dell'indipendenza e il referendum sull'annessione russa della Crimea di cui è di fatto il regista. ''Andare nel Donbass era il passo successivo più naturale. Arrivavano da ogni parte volontari pronti a combattere per liberarlo. Non volevano restare in Ucraina, sotto il nuovo governo comparso in seguito al golpe'', chiama così la Rivolta di Majdan. Occupano gli edifici governativi di Donetsk e Lugansk: è l'inizio del conflitto con le forze ucraine in corso da otto anni. E quando Donetsk autoproclama l'indipendenza, ne diventa il "capo plenipotenziario", il premier
''Ho capito non sarebbe mai esistita una Repubblica senza un governo centrale. Ma dopo aver mediato a lungo e invano tra i capi locali dei plotoni, l'attuale leader Pushilin ha promosso me. Hanno tutti tirato un sospiro di sollievo. Nessuno voleva questa responsabilità. Con una mano costruivo il nuovo Stato, con l'altra mi occupavo della guerra. Bisognava bonificare Donetsk dai soldati nemici e dai sabotatori dell'Sbu, i servizi ucraini'', spiega. Sottolineando che "eseguo gli ordini e proteggo gli interessi di un solo Stato: la Russia". E spiega: ''attorno all'idea della riunificazione del Donbass con la Russia si è formato velocemente un gruppo di gente che la pensa allo stesso modo. Questo gruppo era inquadrato in una certa gerarchia di cui io non ero il vertice. Posso solo dire che i miei superiori sono personaggi molto influenti nella Federazione russa. Però allora nessuno era un funzionario pubblico''. Parlando della situazione attuale dice che ''la guerra invecchia. Alcuni non hanno più il fisico, ma molti sono pronti a tornare a combattere nel Donbass. Abbiamo iniziato la mobilitazione''.
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