L'inno al femminicidio, l'arte e il passato che torna solo quando
Polemiche per il concertone di Emis Killa a Capodanno annullato dal Comune di Ladispoli
Il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile. Lasciate un messaggio dopo il segnale acustico, grazie
Baby, ciao, sono ancora io
Anche oggi è la solita storia
Ultimamente t'ho chiamata così tanto
Che ho imparato il numero a memoria
Ecco, questo è l’incipit della canzone incriminata di #emiskilla. Ammetto la mia ignoranza ma prima del dietrofront del sindaco di #ladispoli Alessandro Grando al concertone di Capodanno sapevo poco e zero di questo rapper finito nell’occhio del ciclone per una canzone che, titola la Repubblica, è un inno al femminicidio. A parte l’interpretazione distorta del quotidiano, la canzone è lo ‘strippare’ (concedetemelo) di un ragazzo/giovane/uomo che è stato mollato e che non si dà pace, chiama di continuo finché la ex -giustamente- lo congela. E lui va in tilt. Va in fissa, si dice in gergo. Non si capacita, non si ferma a riflettere, finché si macera. E finché una strofa lo spedisce (il protagonista del testo e l’artista) nel girone infernale dei cattivissimi.
Ennesimo messaggio dopo il "bip"
Ho provato a contattarti mercoledì
Perché ho un amico che ti ha visto in centro
Che parlavi con uno e io non ci sto dentro
E no che non è mica detto che sia come penso
Ma da una settimana hai il cellulare spento
Lo so, sono egoista, un bastardo
Ma preferisco saperti morta che con un altro
Ecco, questa è la frase che ‘inneggia’ al femminicidio. Certo, è forte. Certo, i ragazzi la canticchiano e fischiettano strofa e motivo. Ma il terrore è che la facciano loro e, così, questi poveri dementi, secondo i più illuminati, sono pronti a passare all’azione dopo il lavaggio del cervello della canzone (datata 2016). E allora qui si è di fronte a un chiaro fallimento della società, coi genitori incapaci di insegnare cosa è Bene e Male e i giovani incapaci di assorbirne il confine. E così si censura un artista che magari fa spallucce su quella canzone, che forse non fa nemmeno parte più del suo repertorio, cestinata nel suo personale archivio artistico (e allora bollate pure Vasco col suo celeberrimo “è andata a casa con il negro la troia/ma è tutta colpa di Alfredo/prima o poi lo uccido”). Già all’epoca Emiliano Rudolf Giambelli, infanzia a Vimercate, aveva spiegato il senso del suo testo, rispedendo in parte le polemiche ai mittenti, ma oggi è periodo delicato e anche l’arte finisce sotto la mannaia della censura, che ora impedirà alla creatività di esprimersi se non attraverso il politicamente corretto. Prevedo tempi bui per gli autori duri e noir.
Postilla. Visto che vale anche il passato di ognuno di noi, dopo il terremoto dell’Emilia del 2012, Emis Killa si è fatto promotore di un concerto con altri artisti per raccogliere fondi in nome della solidarietà. Giusto per diritto e dovere di cronaca.
Baby, ciao, sono ancora io
Anche oggi è la solita storia
Ultimamente t'ho chiamata così tanto
Che ho imparato il numero a memoria
Ecco, questo è l’incipit della canzone incriminata di #emiskilla. Ammetto la mia ignoranza ma prima del dietrofront del sindaco di #ladispoli Alessandro Grando al concertone di Capodanno sapevo poco e zero di questo rapper finito nell’occhio del ciclone per una canzone che, titola la Repubblica, è un inno al femminicidio. A parte l’interpretazione distorta del quotidiano, la canzone è lo ‘strippare’ (concedetemelo) di un ragazzo/giovane/uomo che è stato mollato e che non si dà pace, chiama di continuo finché la ex -giustamente- lo congela. E lui va in tilt. Va in fissa, si dice in gergo. Non si capacita, non si ferma a riflettere, finché si macera. E finché una strofa lo spedisce (il protagonista del testo e l’artista) nel girone infernale dei cattivissimi.
Ennesimo messaggio dopo il "bip"
Ho provato a contattarti mercoledì
Perché ho un amico che ti ha visto in centro
Che parlavi con uno e io non ci sto dentro
E no che non è mica detto che sia come penso
Ma da una settimana hai il cellulare spento
Lo so, sono egoista, un bastardo
Ma preferisco saperti morta che con un altro
Ecco, questa è la frase che ‘inneggia’ al femminicidio. Certo, è forte. Certo, i ragazzi la canticchiano e fischiettano strofa e motivo. Ma il terrore è che la facciano loro e, così, questi poveri dementi, secondo i più illuminati, sono pronti a passare all’azione dopo il lavaggio del cervello della canzone (datata 2016). E allora qui si è di fronte a un chiaro fallimento della società, coi genitori incapaci di insegnare cosa è Bene e Male e i giovani incapaci di assorbirne il confine. E così si censura un artista che magari fa spallucce su quella canzone, che forse non fa nemmeno parte più del suo repertorio, cestinata nel suo personale archivio artistico (e allora bollate pure Vasco col suo celeberrimo “è andata a casa con il negro la troia/ma è tutta colpa di Alfredo/prima o poi lo uccido”). Già all’epoca Emiliano Rudolf Giambelli, infanzia a Vimercate, aveva spiegato il senso del suo testo, rispedendo in parte le polemiche ai mittenti, ma oggi è periodo delicato e anche l’arte finisce sotto la mannaia della censura, che ora impedirà alla creatività di esprimersi se non attraverso il politicamente corretto. Prevedo tempi bui per gli autori duri e noir.
Postilla. Visto che vale anche il passato di ognuno di noi, dopo il terremoto dell’Emilia del 2012, Emis Killa si è fatto promotore di un concerto con altri artisti per raccogliere fondi in nome della solidarietà. Giusto per diritto e dovere di cronaca.
1 anno fa
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