Anche Puglia e Basilicata non accettano le scorie nucleari
Dopo il no della Sardegna a ospitare il deposito di rifiuti atomici si solleva la protesta di altre associazioni regionali
Non c'è pace per la scelta di un despoito nazionale per le scorie nucleari in Italia. Proprio mentre si anima il dibattito rispetto alle soluzioni per la crisi energetica, che vede tra le ipotesi anche la riattivazione sul territorio nazionale dell'energia atomica di nuova generazione. Ma l'Italia eredita il no al nucleare con tanto di referendum nel 1987 e le campagne di sensibilizzazione da parte delle associazioni ambientaliste, che alla fine hanno rallentato l'intero processo di svecchiamento di nuoiva produzione energetica, ovviamente compresa quella da fonti alternative. Così dopo le polemiche dei giorni scorsi del no da parte della Sardegna di accettare di essere il deposito nazionale delle scorie atomiche c'è da registare oggi i no che si sollevano da parte delle associaizoni di Puglia e Basilicata.
''Il Governo ha tutti gli elementi per escludere le aree della Basilicata e della Puglia ancora presenti nella carta nazionale per le aree idonee proposta dalla Sogin e con la quale si individuano i siti che potrebbero ospitare la discarica radioattiva nazionale'' afferma l'associazione antinucleare ''ScanZiamo le scorie'' di Scanzano Jonico, in provincia di Matera, nata nel 2003 per contrastare la scelta di allocare il materiale nucleare italiano nelle cave di salgemma di Terzo Cavone. L'associazione ha proseguito l'attività e rimane in prima linea.
I contenuti della Cnai sono ancora riservati ma l'associazione ''ScanZiamo le scorie'' ritiene che non si discosterà molto dalla Cnapi, la carte delle aree potenzialmente idonee, in cui sono 17 i siti individuata nell'area appulo-lucana. Perché ''nella consultazione tenuta dalla Sogin, abbiamo presentato otto osservazioni nelle quali sono stati esposti aspetti giuridici, tecnici e scientifici che non hanno ancora ricevuto risposta'', dichiara il portavoce Pasquale Stigliani, visto che ''nelle osservazioni si contesta alla Sogin l'errata l'applicazione di alcuni dei criteri che escludono di fatto i siti lucani e pugliesi dalle aree idonee''.
''Rispetto al progetto presentato in consultazione abbiamo chiesto di chiarire come intendono gestire i rifiuti di alta radioattività problema ancora irrisolto nel mondo e che qualcuno voleva collocare a Scanzano - spiega il portavoce Stigliani -. Abbiamo anche segnalato il mancato rispetto della normativa della Valutazione Ambientale Strategica per le aree individuate e delle disposizioni che riguardano l'indicazione delle modalità di trasporto del materiale radioattivo al Deposito nazionale e criteri per la valutazione della idoneità delle vie di accesso al sito. Teniamo conto infine che l'80% della radioattività delle scorie sono collocate nelle Regioni del nord. Lo spostamento verso aree meridionali comporterebbe pericoli e rischi che non sono stati completamente considerati per la scelta e l'individuazione delle aree idonee collocate nel Mezzogiorno del Paese - sottolinea - pericoli che in questo contesto devono considerare anche minacce con rischi ancor più pericolosi come quelle della guerra''.
Secondo l'associazione antinucleare di Scanzano Jonico, in mancanza di queste risposte e di un dialogo con le popolazioni interessate, ''la consultazione può essere considerata unilaterale ed inutile. Ciò confermerebbe i timori - aggiunge Stigliani - che manifestiamo da sempre: esiste un 'gruppo di affari' per la costruzione del deposito di scorie, un'opera capace di alimentare solo lo 'sviluppo distorto' del territorio, già gravemente colpito dallo spopolamento e dallo sfruttamento delle risorse idriche e petrolifere, ma che trova ancora la civile e ferma opposizione di un 'gruppo d'interessi' trasversale impegnato nel progresso e nello sviluppo delle economie territoriali''.
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