Di Francesco e il grande giorno di Frosinone-Napoli
Oggi alle 18.30 allo Stirpe la prima di campionato tra i ciociari e i partenopei campioni d'Italia segna il ritorno in panca di DiFra
Nessuno ci crederà se oggi DiFra dirà che ha dormito. Saranno due anni che aspettava questo momento il tecnico che fu di Roma, Samp, Cagliari e Verona. Tutte avventure divenute disavventure. Il Frosinone è la squadra dell’anima, della rinascita, della rivincita, sebbene lui stesso ha tenuto a sottolineare nel giorno della presentazione qui in Ciociaria che non è vero, non è alla ricerca di rivalsa. Probabile che abbia mentito. Ognuno di noi, ogni giorno, è sospeso tra conferme, nuovi obiettivi e riscatti. Sono il sale della vita, del resto.
Sì, l’ambiente è l’ideale per un tecnico che cerca ancora di uscire dal buio del tunnel. L’ambiente della provincia pura, di Frosinone in particolare, è di quello che non ti mette pressione. Non può mettertela. Qui, si pensa alla salvezza. Punto. Certo, anche al bel gioco, ricordo fresco lasciato come un’impronta da Fabio Grosso, il tecnico dell’ultima promozione in A, ma DiFra in quanto a credo di bel gioco non scherza. La sua idea di calcio fu espressa e apprezzata nelle 5 stagioni al Sassuolo, con la sua filosofia esplosa con la Roma, anche se poi il discorso si interruppe per un momento buio. Roma è una piazza che non perdona, fagocita tutto, avvolge e ingloba, assorbe e non sputa, ti massacra se vuole: da ottavo re di Roma a cristiano nella fossa del Colosseo è un attimo.
È vero che il dt Angelozzi col portafoglio del patròn Stirpe sta cercando l’affare al last minute del calciomercato per rafforzare una rosa che oggi appare incompleta, ma il vero acquisto di questo Frosinone è probabilmente proprio questo allenatore che il papà chiamò Eusebio in onore del grande giocatore portoghese. E della ‘Pantera negra’, DiFra ha nel Dna la propensione per un calcio libero e divertente, propositivo e offensivo, volto a giocare a viso aperto, magari anche a perdere, ma con quella dignità che si concede ai vinti, quando non lesinano impegno e passione.
La sua prima, dopo due anni di inferno silenzioso, dopo l’esonero di Verona giunto dopo tre sconfitte in campionato nelle prime tre partite, è di quelle che esaltano. Sarà anche il contrario, ma questa prima alla fine è un esordio. Nel civettuolo stadio di casa, zeppo come un uovo, ribollente di entusiasmo, arriva il Napoli campione d’Italia. Sarà lui a ritrovare la nuova vita italiana di Rudi Garcia, un altro tecnico che prima è entrato nei cuori giallorossi per poi uscirne senza perdoni.
E arriviamo al calcio giocato. Oggi è il grande giorno: alle 18.30 allo Stirpe ci sarà un’intera provincia a sostenere i canarini. Le scelte di DiFra sono quasi obbligate, con Turati tra i pali, Oyono a destra e Marchizza sull’out mancino, i centrali saranno Monterisi e Romagnoli, play Mazzitelli, sostenuto da Gelli (favorito su Brescianini) e Harroui, Baez sull’ala destra e Caso sul versante opposto, mentre resta il ballottaggio tra Borrelli e Cuni per il ruolo di terminale offensivo, col primo favorito. Speculare sarà il modulo adottato da Garcia (4-3-3 di partenza): Meret tra i pali, Di Lorenzo a destra e Olivera a sinistra, centrali difensivi Rrahmani e il nuovo Natan, nella terra di mezzo fosforo e piedi passano per Lobotka, a sinstra Zielinski e a destra Anguissa, rientrato dall’infortunio, a destra Politano e a sinistra Zerbin o chissà Lozano, centravanti quel ‘mostro’ di Osimhen, capace sia di attaccare la profondità che fare da ariete.
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