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In Africa sale la tensione per l'insicurezza alimentare

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La guerra aggrava una situazione già delicata, soprattutto in tanti Paesi in via di sviluppo, importatori storici di cerali dalla Russia e dall’Ucraina'

La guerra fra Russia e Ucraina non colpisce soltanto i militari e i civili nelle aree del conflitto, ma i suoi affetti vanno lontani. In un mondo globalizzato, nel quale gli Stati sono sempre più interdipendenti gli uni dagli altri, un tributo pesante, di fame e di sangue, è destinato a pagarlo, a breve termine e per molto tempo, anche l’Africa settentrionale e subsahariana. In particolare quei Paesi che dipendono esclusivamente dall’importazione di grano da Mosca e da Kiev e che, a causa del blocco delle esportazioni di cereali e prodotti per l’agricoltura, saranno costretti alla fame e di conseguenza soffriranno di instabilità politica e sociale. Di questi argomenti ha parlato Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha sottolineato quanto “la guerra in Ucraina aggrava ulteriormente una situazione già delicata, soprattutto in tanti Paesi in via di sviluppo, in primis nel continente africano, importatori storici di cerali dalla Russia e dall’Ucraina. In queste settimane il blocco delle esportazioni generato dalla chiusura dei porti nel Mar Nero ha reso problematica la fornitura di alcuni beni essenziali come il grano, anche quando si tratta di programmi alimentari di cooperazione delle agenzie che storicamente si rifornivano anche dei prodotti ucraini”.

“La nostra grande preoccupazione – rileva Martina - è l’innesco che potrebbe esserci di tensioni sociali a partire dalla crescente insicurezza alimentare che in particolare in questi Paesi può crescere. Purtroppo abbiamo già alcuni segnali di queste tensioni, in Kenya, in Libano e in tanti Paesi dell’Africa Subsahariana, che sono già in una situazione fragile anche per l’impatto dei cambiamenti climatici in quelle aree. Questa guerra rende ulteriormente problematico il quadro. Il tema vero è l’instabilità e l’incertezza, che si avverte anche sulle catene produttive alimentari, con i picchi dei prezzi che abbiamo vissuto in questo periodo e con l’intreccio degli effetti della pandemia, dei prezzi energetici e di questa guerra. Un momento difficile per la sicurezza alimentare causato dall’incrocio di problemi che aggravano in poco tempo una situazione che era già delicata. Se poi a tutto questo uniamo l’impatto dei cambiamenti climatici, sulle produzioni agricole, in particolare in alcune aree, purtroppo ci ritroviamo di fronte a uno scenario molto difficile da affrontare”.

“Stiamo lavorando dal primo minuto dell’inizio della guerra – afferma l'ex ministro dell’Agricoltura - con i 194 Paesi che sono nella Fao, per implementare una serie di raccomandazioni e di strumenti per aiutare soprattutto i Paesi più fragili, quelli in via di sviluppo, ad affrontare questa situazione anomala e inedita, molto preoccupante che abbiamo davanti. Già prima di questo conflitto c’era una situazione legata all’insicurezza alimentare, estremamente delicata. Tra i 2020 e il 2021 c'è stato un incremento di persone nell’area della fame acuta imponente. Solo in un anno abbiamo avuto 40 milioni di nuove persone nell’area della fame cronica. Nel 2021 abbiamo raggiunto il picco di 193 milioni in fame acuta. Tutto ciò si è verificato fondamentalmente per 3 cause principali: i conflitti, i cambiamenti climatici e gli shock economici derivanti dalla pandemia".

Se l’interdipendenza, la cooperazione e il mercato aperto, così come il lavoro multilaterale fra i Paesi, per il vicedirettore della Fao “sono fondamentali, le cose cambiano nel momento in cui un Paese è dipendente totalmente da un altro Paese. Uno dei grandi temi su cui lavoriamo – spiega - è legato all’equilibrio delle importazioni e alla diversificazione degli approvvigionamenti. Aiutare a diversificarli è importantissimo proprio perché nessuno deve dipendere troppo da pochi altri soggetti e l’interrelazione deve essere equilibrata”. Tuttavia, la sostituzione degli approvvigionamenti, come l’idea di rivolgersi al Canada, altro grande produttore mondiale di cerali, per soppiantare il vuoto lasciato dall’Ucraina e dalla Russia, “non è né facile e né automatico, non è semplice sostituire processi di questo tipo. Non a caso le scorte stanno diminuendo”.

(di )

2 anni fa
Foto: pixabay
Autore
Cristiano Camera

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