Fast fashion e quel riciclo inventato da mia madre
Bruxelles pronta a boicottare i tessuti scadenti per quelli più durevoli
Mio padre ha avuto una Fiat 128 che è durata oltre vent'anni. Ha cominciato a pigiare con energia sul clacson dal referendum sul divorzio, strombazzando per gli eroi di Espana 82 fino alla gioia soffocata dal rigore del Divin codino. Mia madre ha coccolato la lavatrice Candy immagino per lo stesso periodo, tra panni con una doppia passata di fango e piumoni presi d'assalto da truppe di acari belligeranti. Per non tacere degli out fit che ereditavo da mio fratello. Oggi, che siamo così tecnologicamente avanzati, ogni Natale cambiamo telefonino. Ma niente paura: oggi da Bruxelles ecco il ritorno alle origini dell'indissolubile e dell'indistruttibile. Abolizione immediata del fast fashion e greenwashing. Ho faticato a capire che si stesse parlando di moda: quindi lotta senza quartiere a quei prodotti tessili usa e getta che non sono durevoli, riparabili, riutilizzabili e riciclabili, e più tutela del consumatore sulla sostenibilità ambientale dei loro prodotti, protetti contro il 'greenwashing', cioè l'ambientalismo fittizio spesso usato nelle strategie di marketing delle aziende per darsi una patina di verde. E pensare che tutto questo lo aveva già inventato mia madre, che riciclava ogni cosa per tramandarla in scala ai figli.
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