Quel funerale che è un inno alla vita
Sono stato a un funerale di un caro amico, padre di due cari amici. È stato un addio ma è stato un ritrovarsi, perché il giorno del saluto era il rompete le righe
Sono stato a un funerale di un caro amico, padre di due cari amici. È stato un addio ma è stato un ritrovarsi, perché il giorno del saluto era il giorno del rompete le righe, dove tutti che non ci vedevamo da mesi, forse anni, rintanati nel nostro perimetro quotidiano per via del Covid, siamo stati costretti a uscire allo scoperto, a non mancare all’ultimo appuntamento. No, venerdì non era un giorno di pioggia, non era un addio dove pure il meteo ci mette del suo per creare una scenografia da pianto, il sole era alto, seppure di febbraio era caldo, quel sole che richiama alla primavera e che ci schiude alla vita. E ancora una volta nel piazzale di una chiesa di provincia dominavano Eros e Thanatos, facce distorte di un Giano bifronte: da una parte, i familiari sfigurati dal dolore e dal vuoto e, dall’altra, gente che si salutava e sorrideva perché non si apriva al contatto da lungo tempo. Ma non poteva essere altrimenti: Erasmo era soprannominato Molazza per quel suo modo tenace di affrontare le cose. Il giorno del suo addio non poteva non essere un inno alla vita.
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