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L'Eni pronta a investire su petrolio e gas in Italia

Un gasdotto in Alaska

L'ad dell'azienda Claudio Descalzi racconta di aver già parlato col Governo e assicura di avere «capacità di aumentare la produzione».

«Siamo disponibili e pronti a investire sul fronte del gas in Italia». Ad affermarlo è l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, in un'intervista a La Stampa nella quale racconta di averne parlato col governo e assicura di avere «capacità di aumentare la produzione».

Interpellato sulla durata dell'emergenza legata al caro bollette, «l'Italia ha una grossa componente di gas. L'attuale situazione andrà avanti fin quando l'offerta di gas resterà scarsa rispetto alla domanda. Nel 2022 l'andamento dei prezzi procederà in modo non costante, visto che durante l'estate la domanda di gas scende e i prezzi si riducono. La situazione potrà migliorare stabilmente solo quando ci saranno nuovi contributi importanti, il gnl dal Qatar per esempio, o nuovi volumi dai paesi produttori. E quando ci sarà una geopolitica meno nervosa», spiega l'ad di Eni il quale, al momento, vede "difficile una discesa drastica ai livelli del 2019, di certo non si arriverà più a quelli del 2020", evidenzia. "Penso che ci sarà una stabilizzazione verso il basso ma sempre con valori più alti di quelli a cui eravamo abituati».

Spingere sulla produzione italiana raffredderà i costi? «Se inseriamo nel paniere più volumi, il prezzo si abbasserà». Sulla tempistica per sfruttare appieno i giacimenti nostrani, «per quanto ci riguarda potremmo avere una scaletta di crescita interessante in 2-3 anni, non in sei mesi. Mi spiego: alcune produzioni potrebbero cominciare a entrare fra 6-7 mesi, poi ne entreranno altre per risalire. Il problema è che noi siamo fermi da molto tempo nell'upstream italiano: la ripartenza non è una cosa che si fa schioccando le dita».

Parlando poi dell'impatto sui prezzi di gas e petrolio per un'eventuale guerra in Ucraina quanto impatterebbe sui prezzi di gas e petrolio, «Anche quando c'è stata la guerra in Ucraina il gas - rileva- è sempre arrivato, perché non è stato interessato dalle sanzioni. Se si bloccasse la conduttura ucraina, si potrebbe sfruttare quella che viene dalla Bielorussia che è praticamente vuota. Se invece ci fossero delle sanzioni sul gas, e si dovesse interrompere completamente il flusso che viene dalla Russia, ossia 140-150 miliardi di metri cubi l'anno, l'Europa non avrebbe capacità di compensarli. Sarebbe una disruption importante. E peserebbe moltissimo sui prezzi».

E il petrolio dove arriverà? «Per giugno, secondo Aie e Opec, potrebbe raggiungere i 100 dollari al barile. Ora -dice Descalzi - è a 94 dollari, se continua l'escalation potrebbe arrivare a valori ancora più importanti. Se entrassero nuove produzioni il valore potrebbe essere attenuato. Tutte le aree interessate - penso a Medio Oriente, Africa, Russia, Iraq, Usa - con questi prezzi intensificano le produzioni: loro hanno in mano la chiave per poter dare più offerta e ridurre i prezzi».

Descalzi non vede poi rischi di frenata sul percorso di decarbonizzazione. «Per quel che riguarda le società europee e l'Eni in particolare, no. Il nostro obiettivo è mantenere piatti gli investimenti soprattutto nell'estrazione e riuscire a crescere sempre più velocemente negli altri business, proseguendo nella trasformazione».

 

 

2 anni fa
Autore
Pasquale Lattarulo

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