Maria Masella: "Genova influenza il mio commissario Mariani"
"Si ama una città anche per i suoi difetti, perché ci sono congeniali. Il mio personaggio letterario è simbolo di una giustizia orizzontale, a cui non credo più"
Le città hanno un doppio legame con la narrativa gialla. Ce l’hanno con i protagonisti dei romanzi catapultati tra quelle pietre vive e ce l’hanno con gli autori che possono esprimere tutta l’amorosa conflittualità in quei romanzi che vedono protagoniste le città dove hanno sempre vissuto. Maria Masella ha sempre descritto la sua Genova all’interno delle indagini del commissario Antonio Mariani, la fortunata serie varata dalla casa editrice genovese Frilli, che conta oltre 20 titoli con protagonista quest’uomo risoluto e deciso coi criminali, elegante e d’antan con il gentil sesso. Anche se Maria Masella ha cominciato con le spy story su Segretissimo, collana cult del genere nell’orbita Mondadori, e non ha mai disdegnato puntate sui romanzi d’amore. Oltre il suo personaggio seriale, si contano anche quattro numeri della coppia di investigatori Teresa Maritano e Marco Ardini e un numero impressionante di romanzi autoconclusivi, quasi a confortare una penna felice e feconda.
Una donna scrittrice particolarmente ispirata ma un personaggio maschile come protagonista assoluto dei tuoi scritti, il commissario Antonio Mariani. Perché questa scelta?
Il primo giallo scritto vedeva protagonista un io narrante donna con piccoli inserti di io narrante uomo. Come io narrante femminile, scritta al presente e in prima persona, però mi sentivo troppo dentro una storia, quasi non riuscivo a dominare il personaggio, volevo sentirmi distaccata, quindi a quel punto ho deciso di creare un protagonista maschile. E ha funzionato.
Quindi sei una di quelle autrici che non lascia vivere di vita propria il suo personaggio, ma lo manovra?
Dopo tre o quattro romanzi ecco sparire l’effetto barriera che avevo imposto all’inizio. Camminando per strada mi voltavo quando qualcuno chiamava Antonio, lì ho capito che l’io narrante mi aveva assorbito.
Finché?
Finché il rapporto è diventato reciproco, dove io avvertivo le sue emozioni, ma io restavo sempre più forte per dominare la storia. È, per così dire, divenuto nel tempo simbiotico.
Su quale tuo ideale di uomo è caduta la scelta di Antonio Mariani?
Ho scelto un uomo di 30 anni, ma non bellissimo. Non è stata una premura quella di avere in mente un modello fisico per il mio investigatore, tant’è che sono sempre gli altri personaggi della serie a descriverlo con le loro impressioni, poiché punto più sulle sensazioni che sulle descrizioni fisiche vere e proprie.
Quindi, il nostro commissario è sempre sfuggito a qualsiasi tentativo di identikit?
Inizialmente sì, poi sono stati i lettori e le lettrici a insistere per una descrizione fisica, finché nel romanzo ‘Mariani allo specchio’ una donna lo indica come un uomo che ha la faccia di Antonio Banderas da giovane. Boh, sarà forse così? Mica lo so.
Le donne amano Mariani perché è un uomo di grandi valori e che è capace di far sentire importante una donna. Ecco, le donne. Perché i lettori forti appartengono al genere femminile?
Le donne leggono molto e divorano gialli, non solo perché approfondiscono i moventi e descrivono le persone, ma perché a differenza di ogni altro genere la narrativa gialla lancia un messaggio di speranza, più forte anche del romance, cioè che la giustizia esiste. Anche se le cose non si possono risolvere se non altro si può capire perché sono accadute: è nella natura della donna la curiosità di cercare di comprendere.
Tu sei stata insegnante di matematica nella tua città, credo che per una scrittrice sia una grande fortuna stare a contatto con così tante generazioni diverse, essendo una miniera infinita di ispirazione.
Ho insegnato dal 1971 al 2005 e in questi anni ho scoperto che ci sono due tipi di insegnanti, o meglio di persone: chi tira su una barriera e chi invece la toglie. Ho sempre parlato e ascoltato colleghi e ragazzi, facendo aprire e aprendomi. Ne ho beneficiato, perché in questi anni la mia timidezza è scomparsa avendo effettuato un costante allenamento per aprirmi verso l’esterno.
Sfatiamo un altro falso mito, per favore? Non è vero che chi studia matematica non coltiva la fantasia…
Allora, a sostenere questa tesi, la prima stesura dei miei romanzi segue la parte della creatività, la seconda la logica della matematica in modo che tutto funzioni perfettamente.
C’è una frase totemica che domina il tuo mondo creativo quando scrivi?
A parte che non sono mai soddisfatta di quello che scrivo, mi rifugio sempre in sancestino, il santo degli scrittori umili e tesi alla ricerca della perfezione. Mi raccomando: sancestino scritto in minuscolo e tutto attaccato.
C’è un’altra grande protagonista nei tuoi romanzi: la città di Genova.
Ambientare le storie qui è stata una scelta dettata dal cuore, al netto che descrivere una città che si conosce resta un valore aggiunto nella narrazione. Genova ha tanti difetti, perché le città sono come le persone: non è che le ami nonostante i suoi difetti ma le ami anche per suoi difetti, perché questi ti sono congeniali.
Che tipo di città è la tua Genova?
Genova assomiglia molto al mio protagonista, è una città apparentemente chiusa ma, conoscendola, accogliente. È una città per tradizione di mare e quindi poco integralista.
Cosa ti colpisce di più della tua città?
Quando fai quattro passi ti cambia davanti lo scenario e l’inquadratura. Se la vedi dal mare Genova ti appare come un anfiteatro compatto, poi tra due case che ti sembrano vicine c’è di mezzo un vallone, a distanza di pochi passi tu trovi quartieri bene e altri no. Tanti scrittori identificano Genova col centro storico: eppure Genova va da Nervi, si infila a Bolzaneto e arriva a Creto. Io fino ai vent’anni ho vissuto a Sampierdarena, che uso spesso come location secondaria. Amo il dinamismo di paesaggi della mia città.
Ogni volta che descrivi Genova quanto omaggio c’è?
In un romanzo di prossima uscita c’è una frase cui sono molto legata: Genova è la città che amo di disperato amore.
Al di là dell’evasione e della funzione sociale della letteratura, qual è il sentimento che anima la mission della tua narrativa che vorresti trasmettere ai tuoi lettori?
C’è un personaggio del ciclo Mariani che sento vicino. È sua madre Emma, che gli ha trasmesso i valori di liberté, egalité, fraternité. Così, Antonio ha qualcosa di me, Antonio come me vorrebbe un mondo orizzontale. Ideali in parte trasmessi dai miei genitori, ma più vado avanti più credo che queste espressioni siano difficili da realizzare.
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