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L'immigrazione non compensa il gap di 10 milioni di italiani

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Nel 2070 si prospetta un’Italia con 10,5 milioni di residenti in età produttiva (20-64enni) in meno rispetto a oggi

“Nel 2070 si prospetta un’Italia con 10,5 milioni di residenti in età produttiva (20-64enni) in meno rispetto a oggi. Proprio perchè lo sappiamo, dobbiamo governare il cambiamento per fare in modo che gli effetti siano ammorbiditi”. Lo ha detto Gian Carlo Blangiardo, già presidente Istat e professore emerito di Demografia all’Università di Milano Bicocca, oggi alla Camera dei deputati, intervenendo al convegno “Natalità work in progress. Qualcuno dice di compensare con l’immigrazione - osserva l’esperto - Se vogliamo procedere così, limitandoci a un’analisi dei prossimi 20 anni, con la sola immigrazione avremmo bisogno di 531mila immigrati netti ogni anno. Il che vuol dire dare integrazione. Non basta farli arrivare: bisogna dare lavoro e altro. La soluzione migratoria, anche se utile, è un contributo importante, ma non risolutivo”. 

C’è una questione di risorse da considerare. Il passaggio da “800mila ultra 90enni a oltre 2 milioni” in una ventina d’anni “è un cambiamento sotto gli occhi di tutti - ricorda Blangiardo - basta guardare per la strada il numero delle carrozzine e degli adulti, maturi. Si vedranno più deambulatori e meno carrozzine, meno fratellini camminare per mano. Ci sarà una famiglia fragile, debole che avrà bisogno di aiuto dall’esterno. Ma - riflette l’esperto - non è detto che le risorse per il welfare pubblico ci siano. Dovremmo immaginare equilibri che possono valorizzare le competenze e l’esperienza della terza età, dove non serve la forza fisica”. 

Le cause del crollo demografico sono tante, c’è anche una questione culturale. “Un fattore importante - sottolinea Blangiardo - è la struttura della popolazione. I 184mila nati in meno rispetto al 2008 sono, nei due terzi dei casi non sono dovuti al non volere bambini, ma è cambiata la struttura della società femminile. Abbiamo meno mamme in età produttiva. Oggi sono 12 milioni le donne in età feconda, ma fra 30-40 anni saranno 8 milioni. Poi dobbiamo mettere altri elementi di struttura: i figli costano, impegnano, hanno bisogno di cura, rendono difficile la carriera e il lavoro. I 393mila nati dell’anno scorso - riflette - circa la metà sono femmine, quindi sono 200 mila scarse le mamme di domani. Se seminiamo con questi numeri avremo una struttura estremamente debole, a meno di fare 5 figli per donna”. 

1 anno fa
Foto: pixabay
Autore
Claudio Mascagni

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