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L'Italia guarda all'India come nuovo partner commerciale

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Un mercato enorme da 1,41 miliardi di persone - il secondo paese più popoloso del mondo, ma il sorpasso sulla Cina è imminente - con una manodopera a buon mercato

Un mercato enorme da 1,41 miliardi di persone - il secondo paese più popoloso del mondo, ma il sorpasso sulla Cina è imminente - con una manodopera a buon mercato (7.900 euro l'anno in media secondo gli ultimi dati Istat) e una classe media sempre più consistente, affamata di quei prodotti - dal manifatturiero all'agroalimentare - che sono la forza del Made in Italy. A guardare i numeri, insomma, ci sono tutte le ragioni per rendere 'complementari' le economie di Italia e India e per giustificare l'attenzione con cui si guarda al primo viaggio di Giorgia Meloni a Delhi, dove - dopo il bilaterale con il premier Modi e l'incontro con la Presidente Murmu - parteciperà alla conferenza annuale sulla geopolitica “Raisina”.

I due paesi sono rispettivamente la quinta e l'ottava potenza economica (secondo i dati della Banca Mondiale il Pil dell'India è pari a 3.176 miliardi di dollari e quello dell'Italia 2.107) ma le prospettive di collaborazione vanno oltre le cifre. L'interscambio fra i due paesi fra il 2016 e il 2022 si è praticamente raddoppiato, passando da 7,5 a 14,9 miliardi di euro, con una crescita più forte per le importazioni dall'India (10,06 miliardi) che per le nostre esportazioni (4,82 miliardi): ma è l'analisi dei flussi che sottolinea le potenzialità.

Il 60% delle esportazioni indiane è rappresentato da Metalli di base, prodotti chimici, prodotti tessili e in pelle e Coke e prodotti petroliferi, mentre il 37% delle spediazioni italiane è costituito da macchinari ed apparecchi. Come dire, che l'India ci fornisce il materiale per il funzionamento dei nostri impianti, mentre i macchinari italiani sostengono la crescita del manifatturiero indiano. Un manifatturiero rafforzato dal progressivo 'abbandono' della Cina, giudicata meno stabile e affidabile per ragioni economiche, sociali e politiche.

D'altronde dal 2014 il Governo Modi ha accentuato l'attenzione agli investimenti esteri eliminando alcuni vincoli protezionistici e lanciando i programmi "Make in India" e “Assemble in India for the world”. A sostenere queste ambizioni anche una forza lavoro qualificata che - come già sanno da decenni i colossi anglosassoni - ha forti competenze nell'IT. Si spiega così, ad esempio, la mossa di Stellantis che a fine 2022 ha aperto a Bangalore un nuovo maxi ufficio con 500 specialisti che lavoreranno allo sviluppo di software e innovazioni tecnologiche (come i sistemi di sicurezza) centrali nel piano strategico Dare Forward 2030, al quale dovrebbero contribuire con ricavi per 20 miliardi di euro

Fra India e Italia, al momento, il partenariato economico si focalizza su cinque settori chiave identificati nel Piano di Azione 2020-2024, adottato nel corso del vertice di fine 2020: green economy, industria dell’agro-alimentare, infrastrutture, digitale e manifatturiero/lifestyle. Sono più di 600 le imprese italiane in India, con un’occupazione stimata di circa 25.000 unità e forme di presenza che variano fra: sussidiarie possedute al 100%, Joint Ventures (soluzione preferita dalle PMI e d’obbligo nei settori con tetti massimi agli investimenti stranieri) o uffici commerciali di rappresentanza.

Le principali aree geografiche di insediamento delle imprese italiane sono i poli industriali di Delhi-Gurgaon-Noida (la cosiddetta Capital Belt) e di Mumbai-Pune (nel Maharashtra). Il terzo e quarto polo di concentrazione sono rispettivamente attorno alle città di Chennai (Tamil Nadu) e Bangalore (Karnataka), dove si concentra il settore dell’IT e dell’innovazione. Da segnalare anche la crescente attenzione verso le realtà del Gujarat e del Rajasthan, ove cominciano a registrarsi i primi stabilimenti italiani.

1 anno fa
Foto: pixabay
Autore
Claudio Mascagni

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