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Amnesty si mobilita per le esecuzioni in Iran

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Gli imputati sono stati condannati alla pena di morte per aver 'confessato' uccisione tre agenti

Amnesty International esorta la comunità internazionale ad adottare provvedimenti decisi per impedire l'esecuzione di Majid Kazemi, Saleh Mirhashemi e Saeed Yaghoubi, arrestati nel novembre del 2022 per aver partecipato alle proteste nella città di Esfahan e condannati a morte dalla Corte Suprema di Teheran dopo aver confessato l'uccisione di tre agenti di sicurezza.

Tuttavia, le loro confessioni, trasmesse dagli organi di informazione nazionali, sarebbero state estorte con la forza. Per questo, Diana Eltahawy, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l'Africa del nord, ha espresso la sua preoccupazione riguardo le violenze subite dagli imputati e la mancanza di un processo equo. "La scioccante modalità con cui il processo e la condanna di questi manifestanti sono stati accelerati nel sistema giudiziario iraniano, tra l'uso di 'confessioni' ottenute con la tortura, gravi difetti procedurali e una mancanza di prove, è un altro esempio del disprezzo spudorato da parte delle autorità iraniane per il diritto alla vita e per l’equità dei processi”, ha denunciato Eltahawy.

La vicedirettrice ha lanciato un monito per la comunità internazionale: "In risposta all'orrore dell'attuale ondata di esecuzioni perpetrate dalle autorità è fondamentale che la comunità internazionale agisca con urgenza e determinazione per fermare l'esecuzione di questi manifestanti prima che sia troppo tardi. Le autorità carcerarie hanno comunicato alle loro famiglie che oggi sarebbe stata la loro ultima visita. La comunità internazionale deve inoltre esortare le autorità iraniane a istituire immediatamente una moratoria ufficiale sulle esecuzioni. Chiediamo a tutti gli stati di esercitare la giurisdizione universale su tutti i funzionari iraniani che sono ragionevolmente sospettati di avere responsabilità penale per crimini di diritto internazionale".

“In un messaggio audio dalla prigione - ha spiegato Eltahawy - Majid Kazemi ha affermato di essere stato costretto a rilasciare dichiarazioni false che lo auto incriminavano a seguito delle torture subite durante gli interrogatori, tra cui percosse, scosse elettriche, simulazioni di esecuzioni e minacce di stupro e di violenza nei confronti dei suoi familiari".

“L'uso della pena di morte contro questi uomini è un palese atto di vendetta nei confronti di una generazione di manifestanti coraggiosi, che ha costantemente rivendicato i diritti del popolo iraniano negli ultimi sette mesi. È un’ulteriore prova che le autorità stanno adottando misure sempre più violente ed estreme per tormentare e terrorizzare la popolazione iraniana al fine di porre fine alle proteste ad ogni costo e imporre silenzio e sottomissione attraverso la forza", ha concluso la vicedirettrice.

18 Maggio
Foto: pixabay
Autore
Pasquale Lattarulo

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