Come risponderà l'Iran a Israele?
Colpire gli interessi americani, prendere di mira obiettivi israeliani all'estero, mobilitare i suoi 'proxy' e alleati in tutta la regione
Colpire gli interessi americani, prendere di mira obiettivi israeliani all'estero, mobilitare i suoi 'proxy' e alleati in tutta la regione. L'Iran ha diverse opzioni sul tavolo per rispondere all'attacco israeliano che lunedì ha raso al suolo un palazzo all'interno del suo compound diplomatico a Damasco, uccidendo tra gli altri il generale Mohammad Reza Zahedi, l'ufficiale dei pasdaran più alto in grado ad essere stato eliminato dopo il capo della Forza Quds, Qassem Soleimani.
Di certo c'è che stavolta l'Iran non potrà esimersi da una rappresaglia. Gli stessi vertici della Repubblica islamica, dalla Guida Suprema Ali Khamenei al presidente Ebrahim Raisi, hanno assicurato che la risposta di Teheran arriverà e sarà dura. Ma anche gli Stati Uniti non sono al riparo dalla probabile rappresaglia, almeno a sentire il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, che ha indicato Washington come responsabile per l'attacco. Non a caso, subito dopo il raid, il governo di Teheran ha convocato l'incaricato d'affari della Svizzera, che rappresenta gli interessi americani in Iran, per consegnargli "un importante messaggio" per l'Amministrazione Biden.
"Sembra che gli iraniani ritengano gli Stati Uniti responsabili di ciò che ha fatto Israele tanto quanto gli Stati Uniti ritengono l'Iran responsabile di ciò che fanno le milizie irachene", ha commentato il vice presidente del Quincy Institute for Responsible Statecraft di Washington, Trita Parsi. L'Iran è già impegnato in un conflitto per procura a bassa intensità con gli Stati Uniti attraverso le milizie in Siria e Iraq che ha avuto come apice l'uccisione a gennaio di tre militari americani in Giordania, a cui ha fatto seguito una fase di de-escalation. Secondo Parsi, la retorica iraniana dopo l'attacco al compound diplomatico indica che questa "tregua" con gli Stati Uniti potrebbe essere finita. "Ciò significherebbe che l'attacco israeliano ha messo un bersaglio sulle spalle delle truppe americane in Medio Oriente", ha indicato.
Tra le carte che Teheran ha in mano c'è senz'altro quella dei suoi 'proxy' sparsi nella regione, a partire da Hezbollah, l'alleato più forte dal punto di vista militare e che ha già dimostrato di essere capace di colpire in profondità nel territorio israeliano. Ma lo Stato ebraico si sta preparando da mesi alla guerra con Hezbollah, come dimostra l'ordine di evacuazione dato a più di 40 comunità nel nord del Paese. Hezbollah ha minacciato "punizione e vendetta" per l'attacco di lunedì, ma gli esperti dubitano della sua reale volontà di entrare in una guerra su larga scala con Israele.
L'Iran potrebbe anche mobilitare altre milizie alleate nella regione, ma la loro capacità di causare danni a Israele è limitata a causa della loro distanza geografica. Gli Houthi dello Yemen hanno già interrotto il commercio israeliano e globale attraverso il Mar Rosso e hanno tentato, finora senza successo, di lanciare missili verso Israele. Anche le milizie irachene, più vicine degli Houthi, hanno tentato di colpire lo Stato ebraico.
Sanam Vakil, direttrice del programma Medio Oriente e Nord Africa presso il think tank Chatham House di Londra, ha affermato che è probabile che l'Iran utilizzi i suoi 'proxy'. "L'Asse della Resistenza può essere attivato", ha sottolineato, ritenendo tuttavia improbabile una reazione con attacchi massicci.
Dopo i passati attacchi all'Iran, dagli omicidi di scienziati e funzionari ai blitz contro gli impianti nucleari, Israele ha spesso anticipato le ritorsioni iraniane sui suoi interessi in Paesi stranieri e rafforzato la sicurezza nelle sue ambasciate temendo il ripetersi degli eventi del 1992, quando una bomba esplose all'ambasciata israeliana in Argentina uccidendo 29 persone. Nel 2012, inoltre, diplomatici israeliani furono presi di mira in India, Georgia e Thailandia. Jalal Rashidi Kochi, un deputato iraniano, ha suggerito sul social X che la Repubblica islamica dovrebbe reagire colpendo l'ambasciata israeliana in Azerbaigian.
Secondo Vakil, stavolta è improbabile che l'Iran attacchi le missioni diplomatiche israeliane all'estero. "Dal 7 ottobre ci sono state molte critiche sul fatto che l'Iran abbia perso la sua capacità di deterrenza", ha detto, aggiungendo che Teheran cercherà di dimostrare che mantiene tale capacità senza provocare una guerra più ampia.
Gli analisti, tuttavia, hanno avvertito che l'Iran potrebbe cadere in una trappola. Una guerra più ampia con Israele, infatti, potrebbe spingere le Nazioni occidentali dalla parte dello Stato ebraico in un momento in cui, secondo la Cnn, sta diventando sempre più isolato sulla scena mondiale a causa della sua condotta a Gaza. "Ora la palla è nel campo dell'Iran - ha commentato sui social l'ex consigliere del Dipartimento di Stato Vali Nasr - Israele sta provocando la reazione dell'Iran che probabilmente aspetta il suo momento".
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