Iraq domani al voto per eleggere il nuovo Parlamento
Al voto con la nuova legge elettorale che divide l'Iraq in 83 collegi, contro i 18 precedenti. Il nuovo sistema uninominale promuove gli indipendenti
Iraq domani al voto per eleggere il nuovo Parlamento. Si tratta di elezioni anticipate di un anno a seguito delle proteste di piazza dell'ottobre del 2019 contro la corruzione e la mancanza dei servizi di base, soprattutto al sud. Già ieri, con due giorni di anticipo, 595 seggi erano stati aperti per circa un milione di elettori tra militari di Baghdad e peshmerga del Kurdistan iracheno, che dovranno garantire la sicurezza dello svolgimento delle operazioni.
Il voto si svolge in linea con la nuova legge elettorale che divide l'Iraq in 83 collegi, contro i 18 precedenti. Il nuovo sistema uninominale dovrebbe promuovere gli indipendenti e ridurre i blocchi politici tradizionali, in gran parte basati sulle affiliazioni religiose, etniche e di clan. La maggioranza musulmana sciita ha dominato l'Iraq dalla caduta del regime sunnita di Saddam Hussein, ma oggi risulta divisa. A completare il panorama gruppi che rappresentano le minoranze arabe.
Il blocco Sairoon è quello più grande, con 54 seggi in Parlamento, ed è guidato dal leader musulmano sciita Muqtada al-Sadr, ex leader di una milizia anti-Usa. Al-Sadr, che negli ultimi tempi sta cercando di presentare il suo movimento come forza politica moderata che salverà il Paese dall'influenza eccessiva dell'Iran, ha acquisito consenso come voce critica rispetto ai politici corrotti e alle autorità pubbliche inette. Sairoon potrebbe rafforzare la sua presenza in parlamento confermando i grandi risultati alle elezioni del 2018. Tra l'altro, secondo alcune fonti, ci sarebbe un accordo con l'attuale premier Mustafa al Khadimi perché rimanga alla guida del governo.
Nel panorama sciita al Sadr deve vedersela con altri gruppi sciiti invece molto vicini all'Iran. Tra questi, l'Alleanza per la Conquista guidata da Hadi al-Ameri, capo anche dell'organizzazione Badr, una delle fazioni degli Hashd al-Shaabi, gli ex paramilitari ora integrati nelle forze regolari. Importante anche il blocco Huqooq, vicino agli Hezbollah. L'ex primo ministro Nouri al-Maliki, che ha guidato l'Iraq dal 2006 al 2014, è a capo dell'Alleanza per lo Stato di diritto. L'Alleanza delle Forze di Stato riunisce i gruppi dell'ex primo ministro Haider al-Abadi, che ha guidato la lotta contro l'Isis, e Ammar al-Hakim, che guida i moderati nel campo sciita.
Nel campo sunnita, l'influente presidente del parlamento di Baghdad, Mohammed al-Halbousi, guida il movimento Taqaddum (Progresso) che ha la sua roccaforte nell'ovest dell'Iraq. Il principale sfidante è il movimento Azm (Determinazione) del controverso politico sunnita Khamis al-Khanjar, sanzionato da Washington e accusato di corruzione.
I due principali partiti curdi sono il Partito Democratico del Kurdistan (Kdp) del clan Barzani e l'Unione Patriottica del Kurdistan (Puk) del clan Talabani. L'opposizione curda è rappresentata da Jamaa Islamiya, il movimento New Generation di recente formazione e da Goran (Change).
Più di 25 milioni gli iracheni aventi diritto al voto, ma si teme che l'affluenza alle urne sarà bassa, tra timori di brogli e scarsa fiducia nella politica. Sono 3.249 i candidati che, da soli o all'interno di 167 tra partiti e coalizioni, si contendono i 329 seggi del Parlamento, nove dei quali sono riservati alle minoranze. Per questi ci sono 67 candidati in lizza. Le Nazioni Unite hanno annunciato l'invio di oltre 800 osservatori in Iraq per monitorare e assistere la commissione elettorale nazionale per le elezioni. L'Unione Europea ha inviato 80 osservatori.
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