Cookie Consent by FreePrivacyPolicy.com
Loader

Pregi e difetti della politica estera italiana

migration-2698946_1920.jpg

Gli Stati Uniti si aspettano che l’Italia confermi il sostegno all’Ucraina, a dispetto di quanti sono contrari alla guerra

Gli Stati Uniti si aspettano che l’Italia confermi il sostegno all’Ucraina, a dispetto di quanti sono contrari alla guerra o apertamente filorussi, ma in questa fase mondiale così turbolenta “il consenso sulle politiche è fragile ed effimero”. Brian Jenkins, esperto della Rand Corporation, parla della politica estera italiana, in particolare in Nordafrica e nel Sahel, e soprattutto del ruolo della Russia nel continente africano, dove Mosca sta estendendo sempre di più la sua influenza attraverso i mercenari della Wagner.

Premesso di non voler interferire “nella politica degli altri Paesi”, Jenkins sottolinea il ruolo dell’Italia in quanto “membro dell'Unione europea e della Nato”, un’appartenenza che le ha fatto sostenere “le posizioni adottate da queste organizzazioni, in particolare per quanto riguarda la guerra in Ucraina”. “Un sostegno che mi aspetto che continui. Allo stesso tempo, l'Italia, come altri Paesi europei - e certamente come gli Stati Uniti - sono profondamente divisi dal punto di vista politico, soprattutto per quanto riguarda la guerra in Ucraina – riconosce l’analista del think tank americano - Negli Stati Uniti, l'opposizione alla continuazione del sostegno all'Ucraina si manifesta ai due estremi dello spettro politico, ma soprattutto a destra”.

“Sospetto che questo possa essere vero anche per l'Italia, dove alcuni oppositori si dichiarano contrari alla guerra, mentre altri sono dichiaratamente filorussi”, sostiene Jenkins, che avverte come “nella politica turbolenta di oggi, qualsiasi consenso sulle politiche sia fragile ed effimero”.

L’analista, esperto di terrorismo, si sofferma poi sul ruolo e gli obiettivi della Russia in Africa, obiettivi collegati anche alla guerra in Ucraina. Mosca “ne ha di molteplici: nell'ambito degli sforzi per riaffermare il proprio status di potenza mondiale, la Russia vuole eliminare l'influenza occidentale nella regione”. “Assicurandosi l’appoggio diplomatico dei Paesi africani (e di altri di quello che un tempo veniva chiamato Terzo Mondo), la Russia può ridurre il proprio isolamento e il sostegno globale alle sanzioni – spiega - Questo è stato particolarmente importante da quando sono state imposte alla Russia le sanzioni occidentali dopo l'occupazione e l'annessione della Crimea nel 2014, ed è una priorità dopo le ulteriori sanzioni imposte a seguito della guerra in Ucraina”.

Diventa quindi importante per Mosca cercare di “accedere alle risorse naturali del continente africano: oro, diamanti, uranio, che servono anche gli obiettivi commerciali del Gruppo Wagner”. La milizia fondata da Evgheny Prigozhin, è l’analisi di Jenkins, “non solo fornisce mercenari ai governi africani e ai Paesi che agiscono su procura di Mosca, ma riceve pagamenti in concessioni minerarie e altri contratti commerciali. In questo modo la Russia può raggiungere i suoi obiettivi senza fare grandi investimenti e continuando a negare la sua presenza”.

E ancora, secondo l’esperto, “la Russia cerca l'accesso ai porti e alle basi aeree lungo la costa meridionale del Mediterraneo, che consentiranno alla Marina russa di contrastare il dominio navale della Nato”.

Da qui il suo interesse per la Libia, con il sostegno dato al generale Khalifa Haftar, nell’est del Paese, che usa per “controllare i giacimenti petroliferi, consentendogli di bloccare le esportazioni di petrolio per aumentare la pressione sull'Europa”. Così facendo, la Russia è riuscita a impedire una soluzione politica della crisi libica: “Haftar ha ottenuto il controllo di gran parte della Libia orientale e meridionale con l'aiuto dei mercenari di Wagner. Hanno carri armati e aerei da combattimento. Le sue posizioni sono protette da sistemi di difesa aerea ad alta quota di fabbricazione russa. La presenza del gruppo consente ad Haftar di ignorare qualsiasi soluzione del conflitto da parte delle Nazioni Unite”.

Il nostro Paese può avere un ruolo nel Sahel? “L'Italia fa parte dell'Alleanza per il Sahel ed è uno dei principali partecipanti alla task force Takuba dell'Ue. Il coinvolgimento europeo nel Sahel, tuttavia - ragiona - è ostacolato dai colpi di stato militari, che hanno portato al potere governi meno attenti ai diritti umani nei loro sforzi per affrontare le insurrezioni jihadiste e altre minacce interne. Il crudele vantaggio che le forze Wagner hanno nell'area è che non hanno vincoli nel loro comportamento e nelle loro relazioni”.

Jenkins infine ricorda che “il rapporto di Roma con il Nord Africa risale a più di 2.000 anni fa, alle guerre puniche, quando Cartagine era una minaccia strategica e una fonte di grande paura. Dal XVI secolo in poi, torri di avvistamento e fortificazioni erano necessarie per proteggere i villaggi della costa italiana dai predoni corsari in cerca di saccheggi e prigionieri da riscattare o vendere come schiavi”. “Oggi l'Italia teme le ondate di immigrati illegali provenienti dall'Africa”, chiosa l’analista della Rand, che avverte: “l'Africa è stata anche un'arena di trionfi e disastri militari”.

1 anno fa
Foto: pixabay
Autore
Claudio Mascagni

Commenti