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La sfiducia degli italiani nel governo Meloni

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Il 77% ritiene che il governo non riesca a sanare in conti pubblici. Il lavoro resta un macigno e un pensiero per molti

Il 77,2 per cento degli italiani ritiene il Governo in carica poco o per niente in grado di risanare i conti pubblici; per il 65,8 non sarà in grado di tutelare il Paese dal terrorismo internazionale, così come di contrastare la microcriminalità (65 per cento) e la criminalità organizzata (66,4). Lo rileva il 35/esimo 'Rapporto Italia' dell'Eurispes.

Sfiducia anche sul tema immigrazione (70 per cento), mentre per il 68,4 per cento degli interpellati l'attuale Esecutivo sarà poco o per niente in grado di rilanciare i consumi, di combattere la disoccupazione (68,5) o di dare prospettive ai giovani (68,3). I diritti saranno poco o per niente incrementati secondo il 69,7, stessa percentuale negativa registrata rispetto alla possibilità di garantire coesione e unità al Paese.

Prevale lo scetticismo rispetto alla capacità di sostenere la natalità delle famiglie italiane (63,5), di abbassare la pressione fiscale (69,5) e di portare a termine una riforma elettorale (69,4). Infine Il 62,2 per cento degli interpellati ritiene che l’attuale Governo sia poco o per niente in grado di affermare il ruolo dell’Italia nella politica internazionale, di utilizzare adeguatamente i fondi europei (66,3) o di indirizzare il Paese verso una maggiore autonomia energetica (65,3). Più positivo il giudizio per quanto riguarda la capacità di sostenere il Made in Italy nel mondo, con il 46,6 di intervistati che si dicono fiduciosi.

Quasi un terzo dei lavoratori intervistati, nel corso dell’ultimo anno ha svolto un doppio lavoro (32,9%). Un quinto (20,1%) ha lavorato senza contratto. Il 23,6% ha svolto un lavoro meno qualificato rispetto alle proprie competenze, il 15% un lavoro notturno. Ben il 35,6% ha lavorato da casa. E' quanto si legge nel 35/mo 'Rapporto Italia' dell'Eurispes.

Il confronto con la rilevazione di quattro anni fa evidenzia un importante aumento del doppio lavoro (da 22,3% al 32,9%). Mobbing, molestie sessuali, assenza di contratto e mancate retribuzioni. Il 13,3% afferma di aver abbandonato il lavoro per mancate retribuzioni, mentre l’11,1% ha pensato di farlo. Il 12,3% ha lasciato il posto di lavoro perché vittima di mobbing e un ulteriore 14,4% ci ha pensato, ma non lo ha fatto.

L’assenza di un contratto ha spinto l’11,3% a lasciare il lavoro, mentre il 9,9% ha pensato di farlo. Il 4,2% ha lasciato il lavoro per molestie sessuali, ed un 8,4% ha pensato di farlo.

Meno della metà dei lavoratori intervistati (49,6%) ritiene che il proprio lavoro attuale consenta di fare progetti per il futuro, mentre il 50,4% pensa il contrario. La maggioranza (52,6%) afferma che la sua occupazione permette di garantire sicurezza alla propria famiglia; mentre per il 47,4% non è così. Oltre un quarto (26,5%) dei lavoratori sostiene che il proprio impiego lo costringe a cercare una nuova occupazione. Il 31,2% dichiara che il suo lavoro gli rende difficile arrivare a fine mese. Il lavoro non permette di sostenere spese importanti (mutuo, automobile, casa) nel 48,9% dei casi. Più di un soggetto su quattro (26,9%) con la propria situazione lavorativa si trova a chiedere aiuto alla famiglia. Al 21,7% l’attuale occupazione impedisce di vivere per conto suo, al 17,9% di avere figli. E' quanto si legge nel 35/mo 'Rapporto Italia' dell'Eurispes.

Nel 2019 la quota di chi riteneva che la sua condizione lavorativa permettesse di fare progetti per il futuro risultava più elevata (54,2%), ma nel 2013 era decisamente più bassa (35,8%); il 2019 esprimeva un netto miglioramento, in parte compromesso dai tragici eventi degli ultimi anni. È invece leggermente diminuita la percentuale di chi si sente nelle condizioni di dover cercare una nuova occupazione (era il 30,5% nel 2019, ben il 35,1% nel 2013).

Nella rilevazione del 2019, il 53,2% riteneva di poter sostenere spese importanti grazie al proprio lavoro ed il 56,8% di garantire una stabilità alla propria famiglia, valori anche in questo caso leggermente più alti rispetto a quelli del 2023. Nel 2019 quasi un soggetto su tre (31,7%) affermava di dover chiedere l’aiuto dei familiari (28,2% nel 2013); in questo caso i dati del 2023 mostrano un leggero passo in avanti (26,9%). La quota di chi arriva con difficoltà a fine mese con il proprio lavoro dal 2019 al 2023 si riduce dal 38,8% al 31,2%. L’attuale condizione lavorativa consente di fare progetti per il futuro alla maggioranza dei soggetti tra i 35 ed i 64, cioè la classe d’età nella quale con maggior frequenza, rispetto a quella giovanile, si sono raggiunti una certa stabilità ed un livello retributivo più adeguato. I giovanissimi sono quelli che più spesso affermano di dover, visto il loro lavoro attuale, cercare un’altra occupazione (39,4%) e a dover chiedere aiuto alla famiglia con frequenza superiore alla media (39,4%). Solo tra i 35-44enni ed i 45-64enni c’è la convinzione di poter garantire sicurezza alla propria famiglia (rispettivamente, il 57,8% ed il 54,9%); per gli altri la quota rimane al di sotto del 50% (solo 27,2% tra i più giovani). La condizione lavorativa impedisce di vivere per conto proprio a quasi la metà dei giovanissimi (48,5%) e di avere figli (42,5%).

25 Maggio
Foto: pixabay
Autore
Giada Giacomelli

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