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Gli scrittori e gli intrecci tra politica e letteratura

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A colloquio con Vargas Llosa: 'Ho difeso posizioni ideologiche che oggi non sono più mie'

"Molti dei miei testi oggi non li riconosco perché sono stati scritti molto tempo fa e difendono posizioni ideologiche che non sono più le mie. Ma allo stesso tempo, letti ora, ricordano episodi della storia del Perù e dell'America Latina che sono inevitabili". Lo ha detto il premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa, 87 anni, visitando l'Istituto Cervantes di Madrid in occasione di un ciclo di incontri dedicato a lui e alla sua opera. Lo scrittore peruviano con cittadinanza spagnola è stato protagonista del primo appuntamento, incentrato sulla sua produzione giornalistica lunga sei decenni, dedicata in particolare alla critica letteraria, raccolta nel nuovo volume dal titolo "El fuego de la imaginación" (Alfaguara).

Ora che il premio Nobel ha riletto i testi dei primi tempi della sua carriera si è reso conto che stava lottando per colmare una lacuna: "A quel tempo il Perù era isolato, non sapevamo cosa si scriveva all'estero, quindi ho combattuto questa realtà leggendo autori latinoamericani". La situazione è cambiata e, sebbene Vargas Llosa ritenga che in America Latina gli scrittori non siano così osteggiati come 30 anni fa, ha sottolineato l'importanza di mantenere salde le posizioni ideologiche in un mondo in cui politica e letteratura sono sempre più intrecciate.

Il resto dell'intervento si è concentrato sue influenze letterarie di Vargas Llosa, che ha indicato tre nomi diversi: Jean-Paul Sartre, Jorge Luis Borges e Gustave Flaubert. "La mia infanzia di scrittore l'ho trascorsa leggendo Borges di notte, opponendomi a lui e accettando le tesi di Sartre", ha scherzato. Da Flaubert gli è rimasta la convinzione di essere uno scrittore "contro tutte le probabilità immaginabili".

Vargas Llosa è stato affiancato dagli scrittori Carlos Granés, curatore e autore del prologo di "El fuego de la imaginación", e Sergio Ramírez. "Non c'è dubbio che la mia generazione sia cresciuta con la speranza della caduta dei regimi dittatoriali, ma le nuove generazioni vivono con quello che sarebbe potuto accadere ma non è accaduto. La loro visione è più pessimista", ha detto Ramírez, vincitore del Premio Cervantes, esiliato e privato della sua nazionalità nicaraguense dal regime di Daniel Ortega.

1 anno fa
Autore
Claudio Mascagni

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