Nel teatro di una Mariupol distrutta
La testimonianza di un italiano nella città: 'Ospedale pediatrico è struttura martire, colpita da entrambe le parti'
Le scale del teatro di Mariupol, colpito il 16 marzo da un attacco missilistico russo, ''sono bruciate, ma intatte''. E ''i corridoi sono sgombri'', mentre ''la sala centrale è completamente sfondata''. Così il lecchese Vittorio Rangeloni racconta quello che ha visto recandosi nel teatro colpito dalle forze russe che, secondo il sindaco di Mariupol, avrebbe causato 300 vittime. ''Se effettivamente il numero dei morti dichiarato, circa 300 vittime, fosse reale, penso sarebbero stato impossibile avvicinarsi alla struttura senza maschera antigas, perché ormai i corpi sarebbero in uno stato di decomposizione importante'', dice Rangeloni, dicendosi ''in dubbio che nei corridoi ci fosse un numero elevato di persone decedute. Si sarebbero visti i resti, le ossa, nonostante l'incendio''.
Rangeloni è ''salito fino al terzo piano del teatro'' e ha ''trovato l'accesso che portava nello scantinato'', dove avevano trovato rifugio molti civili. ''Ho trovato una scalinata che andava sottoterra, ma non mi sono fidato a scendere visto lo stato della struttura'', ha aggiunto, segnalando che ''in quel momento la zona era ancora interessata dagli scambi di colpi d'arma da fuoco e da colpi di mortaio''. Da sette anni residente a Donetsk, Rangeloni si è recato anche all'ospedale pediatrico di Mariupol bombardato a metà marzo, ''sono stato accompagnato dal direttore della struttura''. Che è ''una struttura martire, colpita da tutte le forze in campo'' e che ''riporta pesanti danni''. Ma ''miracolosamente il personale medico non ha registrato vittime''. Per questo ''i pochi medici rimasti curano quasi 100 feriti ogni giorno'', ma ''lì la situazione rimane tesa perché nelle immediate vicinanze si trovano caserme ucraine''.
''Sono pochi civili rimasti in quella zona, alcuni mi hanno detto di non aver sentito il rumore caratteristico di un volo a bassa quota prima dell'attacco'' di metà marzo, racconta. ''Mentre mi trovavo lì sono caduti un paio colpi nella zona. Siccome si tratta di una zona sotto controllo russo i colpi non potevano che provenire dalle posizioni ucraine a 300 metri'', conclude.
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