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Il confronto tra nazioni in nome del Covid

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L'Italia ha avuto un livello di accertamento dei nuovi casi di infezione meno intenso rispetto ad altri Paesi

"E' probabile che ci sia una sottostima dei casi di Covid in Italia. Ma un confronto diretto dei dati, in particolare sul numero dei decessi, con le altre nazioni è molto difficile". A dirlo è l'epidemiologa Stefania Salmaso, dell'Associazione italiana di epidemiologia. "La letalità - spiega - è rappresentata dal numero dei decessi rispetto ai casi identificati. E l'intensità della sorveglianza è quella che determina il numero dei casi notificati. Il nostro Paese ha avuto un livello di accertamento dei nuovi casi di infezione meno intenso rispetto ad altri Paesi, soprattutto all'inizio. Questo altera ovviamente il rapporto: trovando meno infezioni, i decessi ci sembrano in proporzione un numero maggiore".

Salmaso ricorda che "la letalità in Italia, nell'ultimo periodo, è intorno al 2-3 per mille casi. Non direi che siamo gli unici a dover far i conti con i decessi, anche in Germania hanno avuto picchi di letalità elevati. Molto dipende anche da come si conteggiano i decessi per Covid, e questo è un altro 'capitolo' che riguarda la classificazione delle morti. La cosa più indicativa è valutare l'eccesso di mortalità rispetto a quella ordinaria dello stesso periodo in anni pre-pandemici. Purtroppo i dati italiani non sono tempestivi su questo. Noi dovremmo sapere se effettivamente in Italia sono morte più persone rispetto a quanto ci si aspettava in questa stagione e non solo contare quelle classificate come decedute per Covid. Se effettivamente in questa fase c'è stato un eccesso di mortalità, cosa che è stata dimostrata nella prima parte della pandemia, dobbiamo dimostrarlo con i dati".

Per Salmaso non si può dire, quindi, che "esiste un caso Italia" in questo campo e va sempre tenuto in considerazione il fatto che gli italiani sono più anziani. "Gran parte della letalità sul lungo periodo è dovuto alla prima parte della pandemia - osserva l'esperta - Guardando con attenzione il bollettino dell'Istituto superiore di sanità sui tassi dei letalità, e osservando quelli standardizzati sulla popolazione europea, vediamo che il tasso italiano si abbassa molto quando viene rapportato alla composizione per età della nostra popolazione. Noi abbiamo una composizione per età decisamente più anziana, ci sono più soggetti vulnerabili. E questo ci ha reso più esposti ai decessi. Abbiamo lavorato bene sulla prevenzione con i vaccini. E' chiaro che l'ultimo pezzo da guadagnare è ridurre ancora la letalità nelle persone che si infettano. A questo punto bisognerà affinare le modalità di trattamento, anche con farmaci specifici perché la prevenzione ha già esercitato il suo effetto, là dove poteva. Oggi 150 decessi al giorno sono ancora troppi e questo ci indica che la parte di trattamento è ancora da migliorare".

"Quando ci sono molte infezioni la mascherina è l'unico strumento per proteggersi, anche per le persone che hanno completato il ciclo vaccinale e che sono protette dalle conseguenze gravi della malattia, ma possono essere contagiate. La mascherina va tenuta. Se poi questo debba essere fatto per imposizione di legge, con un obbligo, o per responsabilità e consapevolezza, può essere discusso. Ma resta una barriera utile in questo periodo in cui il rischio di contagio da Sars-CoV-2 c'è" continua Stefania Salmaso.

"La parte normativa ha esercitato il suo effetto - sottolinea - perché ha reso solido il messaggio che era importante portare la mascherina, ora siamo noi che dobbiamo aderire all'indicazione al di là dell'obbligo. Questa è la stagione della responsabilità", evidenzia l'esperta.

 

2 anni fa
Foto: pixabay
Autore
Claudio Mascagni

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