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I medici, gli eroi e l'Italia che dimentica

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La rabbia della famiglia del medico Giambattista Perego per i ristori negati alla categoria dei sanitari deceduti per Covid

"Io e mio cugino Giambattista Perego ci siamo ammalati negli stessi giorni". Entrambi medici di famiglia, in provincia di Bergamo a Treviolo. Lei, Antonella Lodetti, ne è uscita. Lui, 62 anni, "dopo 52 giorni di agonia non c'era più". Era la prima ondata di Covid-19, in uno degli epicentri della pandemia. "Ogni volta è un dolore, ma bisogna resistere. Questa è una vicenda troppo dolorosa - dice Lodetti - L'anno scorso di questi tempi eravamo ancora eroi, ma purtroppo in Italia gli eroi durano poco. Quando attraverso l'Ordine dei medici mi è arrivato il testo" del subemendamento che avrebbe dovuto introdurre i ristori per le famiglie dei medici vittime di Covid-19, poi bocciato al Senato, "mi era sembrata una proposta sensata. Perché per tante famiglie il lavoro di medico era magari l'unico sostentamento. In alcuni casi, le mogli o non lavoravano o facevano qualche lavoretto. Mi sono detta: qualcosa si muove. Noi medici di base non abbiamo risarcimento se succede qualcosa sul lavoro, in caso di contagio".

"Anche nel caso di mio cugino, la moglie è insegnante e ha 3 figli". Un ristoro non lenisce il dolore, "ma ho pensato: un po' di respiro. Poi è arrivata la notizia che l'emendamento è stato bocciato. La prima reazione è stata rabbia e sconcerto - spiega Lodetti - Quando si è ammalato mio cugino, nei primi giorni in cui aveva la febbre e stava aspettando il tampone, lavorava lo stesso da casa per non lasciare i suoi pazienti da soli. C'erano problemi ad avere sostituti, eravamo a mani nude", ricorda commossa.

"Le prime mascherine a me le ha date un paziente imbianchino, i primi camici un'amica veterinaria. Nonostante tutto mi sono ammalata e non ho mai avuto accesso a un tampone - ricorda la dottoressa - Anche Giambattista si è ammalato, e morire così perché fai il tuo dovere senza la minima protezione, poi non vedersi riconoscere nemmeno un aiuto per la famiglia è degradante e vergognoso. Questi sono i miei sentimenti adesso e spero che questa decisione sui ristori venga rivista".

"Ricordo bene quando arrivò la circolare che disponeva che ci avrebbero dovuto dare dispositivi di protezione e tutto il necessario - riprende a raccontare Lodetti, tornando ancora indietro con la mente al 2020 - Ma le prime mascherine le abbiamo avute solo dopo metà marzo. Quando ormai tanti di noi si erano ammalati, e altri morti. Non è vero che non uscivamo per visitare i nostri malati. Lo facevamo. Tant'è vero che ci siamo ammalati e siamo morti. Mio cugino si è arreso il 23 aprile, all'ultimo era stato trasferito in ospedale a Milano, era stato intubato. Per un attimo sembrava si fosse ripreso, poi la tragedia. Non possiamo e non dobbiamo dimenticare".

2 anni fa
Foto: pixabay
Autore
Claudio Mascagni

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