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L'atlantismo della Meloni rafforza la Nato

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L'analisi dell'ex ambasciatore americano Kurt Volker: "credevamo fosse un governo postfascista, invece..."

"A Washington c’era un po’ preoccupazione quando si formò il governo Meloni: c’era il timore che sarebbe stato un governo di estrema destra, che il suo partito arrivasse da una tradizione postfascista, che potesse simpatizzare con Putin, che avrebbe distanziato l’Italia dalla politica occidentale sulla Cina, sull’Ucraina e così via. È successo il contrario: Meloni ha rafforzato la Nato e il ruolo dell’Italia nella Nato, è stata costruttiva nel lavorare con altri partner del G7, l’Italia ha politiche molto forti in appoggio all’Ucraina, ha dato pieno appoggio alle sanzioni contro la Russia, ha gli occhi aperti sulla Cina, non corre nelle braccia dei cinesi a spese degli Stati Uniti. Tutto questo è stato ricevuto molto positivamente a Washington molti sono rimasti sorpresi e colpiti da quello che sono diventate le sue politiche. Ed è per questo che ha ricevuto questo invito. C’è la sensazione, nell’amministrazione Biden, che Meloni è qualcuna con cui si può lavorare". Lo ha detto al Corriere della Sera Kurt Volker, ex ambasciatore americano alla Nato e già inviato per l’Ucraina dell’amministrazione Usa.

Un recente articolo della Brookings Institution afferma che il vero test sarà il rapporto della premier con Trump, scrive il Corsera. La Cpac — la conferenza dei conservatori, oggi dominata dai trumpiani — ricordava nell’ultima edizione la partecipazione di Meloni in passato e molti attivisti sottolineavano la vicinanza sui 'valori'. "A volte si dà un peso esagerato alla politica interna dove L’Italia è un alleato e - risponde Volker - finché non si allontana dalla democrazia e dalle fondamentali politiche della Nato sulla Russia, cosa che non sta facendo, nessuno dovrebbe preoccuparsi se il leader viene dal campo della destra oppure da sinistra come Biden".

Quanto al rapporto Italia Cina e al memorandum sulla Via Della Seta, Volker afferma che "la maggior parte dei Paesi europei, e anche gli Stati Uniti, hanno relazioni in misura diversa con la Cina. Guardate quanto commercio c’è tra gli Stati Uniti e la Cina, con benefici reciproci, e questo vale per gradi diversi in molti Paesi europei. Nutriamo preoccupazioni sulla Cina sul fronte della tecnologia, dello spionaggio e militare, ma è un quadro complesso. La questione non è che gli Stati Uniti dicano all’Italia cosa fare: la Germania ha appena rivisto la sua politica sulla Cina, il punto è discutere e consultarsi su quelle che crediamo siano le linee rosse, i limiti, discuterne con la Nato, con l’Ue e individualmente, e sarà un tema da affrontare adesso con l’Italia in vista della presidenza del G7".

Riguardo il Nord Africa, l'ex ambasciatore ritiene che sia "molto chiaro che per l’amministrazione Biden non è una priorità grande quanto lo è ovviamente per l’Italia. Non penso ci sia la stessa attenzione e preoccupazione. Sono anche consapevoli delle differenze tra Paesi europei e tra Paesi arabi e mediorientali su come gestire la Libia, in particolare, e penso che cerchino di giocare un ruolo unificatore intorno a politiche comuni".

1 anno fa
Autore
Claudio Mascagni

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