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Il ricordo di Occhetto e Zaia su Napolitano

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A 98 anni si è spento il presidente dei due mandati: il cordoglio del mondo della politica

"Lo ricordo con commozione e affetto, se ne va un compagno di tante battaglie. In questo momento voglio rivolgere un pensiero a una roccia, un pilastro della vita di Napolitano, sua moglie Clio". Così Achille Occhetto ricorda, in un'intervista oggi su La Repubblica, Giorgio Napolitano, politico "di prim’ordine. Uno dei più significativi esponenti della Prima Repubblica", dice Occhetto. "Ricordo la sua sincera commozione quando immediatamente dopo la prima elezione lo chiamai per congratularmi. Malgrado le molteplici occasioni di disaccordo i nostri rapporti sono sempre stati civili e spesso affettuosi".

"Al momento della scelta tra Napolitano e Berlinguer come segretario dopo Longo, io da membro della segreteria fui interpellato e scelsi Berlinguer. Poi fu Napolitano, anni dopo, a esprimere contrarietà alla mia elezione a leader". Così Achille Occhetto racconta, in un'intervista su La Repubblica, le divergenze con Giorgio Napolitano ai tempi del Pci. "Non condividevo le sue critiche alla questione morale sollevata da Berlinguer - continua Occhetto - che a mio avviso ebbe il merito di porre per primo un tema cruciale. Berlinguer non invocò la magistratura ma chiese l’autoriforma della politica. Quella che chiese in piena Tangentopoli anche Craxi nel famoso discorso in aula, quando chiamò in correità tutta la politica. Ma ormai era tardi".

E poi anche "un atteggiamento diverso verso la globalizzazione neoliberista e le politiche dell’austerità. E i miei dubbi quando come presidente della Repubblica, davanti alla bancarotta di Berlusconi, lavorò alla tela acuta e sottile del governo tecnico di Mario Monti, da cui però è nata la grande crisi della sinistra". Però, sottolinea Occhetto, "mai le nostre divergenze sono sfociate in astio personale. Anzi", e ricorda i meriti del presidente emerito scomparso ieri: "la sua funzione di convinto europeista ante litteram", la sua "preziosa collaborazione nel corso delle mie iniziative da segretario verso i socialisti europei per ottenere l’ingresso nella famiglia" e un ruolo "unitario. Si è battuto per l’esigenza di ricostruire una storia comune della sinistra che sanasse la scissione di Livorno".

“Per me Giorgio Napolitano è stato il presidente dell’autonomia, perché quando un giorno gli chiesero cosa pensasse delle autonomie lui spiazzò tutti rispondendo con una frase che io cito spesso e tutt’ora: l’autonomia è una vera assunzione di responsabilità. È con lui che sono partito con la battaglia per l’autonomia”. Lo afferma in un’intervista a ‘La Stampa’ il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia.

“Una volta salito al Quirinale ha smesso la casacca di partito e indossato esclusivamente quella istituzionale” aggiunge Zaia, che sottolinea: “Avevamo un rapporto di stima e cordialità, con noi è sempre stato corretto. Certo, poi le percezioni nei partiti possono cambiare e vi possono essere tante sensibilità. Ma io, per esempio, feci parte di quella pattuglia, insieme a Errani e Maroni, che salì al Quirinale per chiedergli di rimanere ancora”.

“E’ stato sicuramente un presidente forte, che ha saputo occuparsi ed essere all’altezza di tutto ciò che rientrava nelle sue competenze. Direi che è stato un presidente molto autorevole – conclude il presidente della Regione Veneto - Era nella sua indole e non è poco”.

23 Settembre
Autore
Claudio Mascagni

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