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Chi è il terzo uomo Ogan nel voto turco

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Un ultranazionalista anti-immigrati con simpatie kemaliste: Sinan Ogan, è una delle sorprese del primo turno delle presidenziali turche

Un ultranazionalista anti-immigrati con simpatie kemaliste. Sinan Ogan, 54 anni, è una delle sorprese del primo turno delle presidenziali turche, dominato dallo scontro tra il presidente in carica Recep Tayyip Erdogan ed il leader dell'opposizione Kemal Kilicdaroglu. Nessuno dei due è riuscito a oltrepassare la fatidica soglia del 50% e, secondo tutti gli osservatori, il 5,3% ottenuto da Ogan con la sua coalizione Ata che prende il nome dal fondatore della Repubblica Mustafa Kemal Ataturk, sarà determinante al ballottaggio del 28 maggio in caso di apparentamento.

Ex esponente dell'Mhp, il partito nazionalista che è coalizzato con l'Akp di Erdogan, Ogan è laureato in economia aziendale presso l'Università di Marmara e ha completato un dottorato presso l'Istituto statale di Mosca per le relazioni internazionali. Nel 2011 è stato eletto deputato a Igdir, la sua città natale nell'Anatolia orientale che vede una considerevole popolazione azera. Egli stesso ha radici azere. La sua uscita dall'Mhp risale al 2017, in occasione del contestato referendum costituzionale con cui Erdogan trasformò l'architettura politica del Paese da un sistema parlamentare a uno presidenziale. Ogan si oppose alla decisione dell'Mhp di appoggiare la riforma.

Nel suo primo commento a caldo sui risultati del voto ha dato prova di abilità tattica, sottolineando che deciderà quale candidato sostenere al secondo turno solo dopo essersi consultato con la sua base. Un modo per monetizzare al massimo i suoi voti.

Ogan, dal portamento altero e dall'aspetto sempre impeccabile, ha detto di essere "molto a suo agio" nel ruolo di kingmaker e ha usato i soliti toni crudi per chiarire le sue condizioni: "Quello che voglio è chiaro, è la partenza dei siriani. Tutti i profughi devono tornare a casa. Farò votare per il candidato che è d'accordo e mette in pratica questa politica".

La Turchia ospita quasi 3,6 milioni di siriani, tre quarti dei quali hanno lo status di protezione temporanea. Complici la crisi economica che ha colpito il Paese e l'ostilità sempre più visibile nei loro confronti da parte di una fetta di popolazione, quasi tutti i partiti politici turchi - compresa l'alleanza che sostiene Kilicdaroglu - hanno inasprito i toni nei loro confronti. I nazionalisti sono stati i primi a prendere una posizione netta. Poi, nel maggio 2022, un anno prima delle elezioni presidenziali, anche Erdogan, visto il calo nei sondaggi, ha annunciato un piano di rientro "volontario" per almeno un milione di siriani.

Da allora, Ogan e il suo alleato Umit Ozdag, leader di un nuovo movimento di estrema destra, il Partito della Vittoria (Zafer Partisi) ed anch'egli ex membro dell'Mhp hanno battuto forte sul tasto della lotta all'immigrazione, con parole a volte molto dure contro la politica di Erdogan.

Intervistato nelle scorse ore da Fox Tv, Ogan ha tenuto a precisare che senza la sua candidatura Erdogan avrebbe vinto queste elezioni al primo turno. E ha ribadito di sentirsi l'ago della bilancia al ballottaggio: "Avevo detto più e più volte che l'Hdp (il partito di sinistra filo-curdo e sostenitore di Kilicdaroglu, ndr) e Huda Par (partito islamista curdo-turco alleato di Erdogan, ndr) non sarebbero state le chiavi di questa elezione, ma piuttosto i nazionalisti".

Tornando alla sua ossessione per gli stranieri, uno dei suoi cavalli di battaglia, Ogan ha rilasciato dichiarazioni al vetriolo, affermando contro ogni evidenza che "il voto è stato caratterizzato da un tasso significativo di votanti stranieri, quasi due milioni di persone che non parlano turco e che hanno pesato sulla bilancia".

16 Maggio
Foto: pixabay
Autore
Claudio Mascagni

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