Allarme Confindustria. la crescita è rallentata
La dinamica del pil nel secondo trimestre è molto debole, l'inflazione frena ma il processo è solo all'inizio
Andamento lento, quasi fermo. La dinamica del pil nel secondo trimestre è molto debole, l'inflazione frena ma il processo è solo all'inizio e la Bce è scesa in campo con un nuovo rialzo del tassi, peggiorando la stretta creditizia. A questo si aggiungono l'incertezza dei consumi, l'arresto del traino estero dell'estero e anche l'impatto che potrebbe derivare dalla frenata della locomotiva tedesca. Per l'economia italiana scatta l'allarme e a suonarlo è il Centro Studi di Confindustria, che con la Congiuntura Flash del Centro Studi di Confindustria consegna una foto che vede addensarsi molte nubi all'orizzonte.
E l'analisi del Csc parte dal rallentamento del pil, sintesi della flessione di industria e costruzioni e del proseguire della crescita (moderata) nei servizi. Le attese sul terzo trimestre sono poco più positive. Soffrono, avverte Viale dell'Astronomia, le imprese che stanno subendo un continuo aumento del costo del credito (4,81% a maggio). Questo sta riducendo lo stock di credito bancario (-2,9% annuo a maggio). Le indagini Istat e Banca d’Italia mostrano un irrigidimento dei criteri di offerta (costi, ammontare, scadenze, garanzie), una domanda frenata dal costo eccessivo, una quota significativa di imprese che non ottiene credito (6,0%), soprattutto perché rinuncia per le condizioni onerose (56,3%).
E così gli investimenti segnano il passo. La produzione di beni strumentali è in calo nei primi 5 mesi del 2023 (-2,6%). I dati qualitativi suggeriscono che nel 2° trimestre le condizioni per investire si sono deteriorate (saldo a -20,4 da -18,1), mentre le attese delle imprese sulla spesa per investimenti nei prossimi 6 mesi sono migliorate ma restano basse (20,4 da 14,9; indagine Banca d’Italia).
In questo scenario, i numeri certificano la debolezza dell'industria. A maggio la produzione ha messo a segno un rimbalzo (+1,6%), ma da inizio anno si è comunque contratta molto (-1,9%; la manifattura -2,4%, con i mezzi di trasporto in controtendenza, +3,0%). Deboli le prospettive: a giugno il pmi manifatturiero ha continuato a ridursi, indicando forte calo (43,8 da 45,9) e Rtt segnala flessione del fatturato; a luglio la fiducia delle imprese prosegue la caduta. Per di più, le costruzioni non stanno più trainando l’industria (30% di beni manifatturieri tra i consumi dell’edilizia). L’attività nel settore ha registrato il secondo calo consecutivo a maggio (-0,7%), con un -4,3% da inizio anno. Rtt segnala a giugno un altro forte calo del fatturato.
Dall'industria ai servizi. Spicca qui il ruolo di traino del turismo, dal quale arriva la principale spinta ai servizi. La spesa degli stranieri in Italia a maggio registra un +13,2% sul 2022 e i passeggeri negli aeroporti sono nel 2° trimestre sopra i livelli del 2019. A giugno, il Pmi è sceso a 52,2 (da 54,0) indicando minor crescita e l’Rtt index conferma la frenata; a luglio, la fiducia delle imprese di servizi ha recuperato i livelli di aprile.
All'insegna dell'incertezza rimangono i consumi. L’Icc traccia una riduzione della spesa nel 2° trimestre (-0,6% annuo), sintesi del calo per i beni e della crescita dei servizi. E a luglio c’è stata una frenata della fiducia. Ma le temperature record, indica il Csc, potrebbero accrescere i consumi di elettricità (condizionatori). Un sostegno viene poi dal mercato del lavoro: ad aprile-maggio +0,4% il numero di occupati sul 1° trimestre (+184mila nei primi 5 mesi).
Intanto, a maggio si è attenuata la riduzione dell’export italiano (-0,3% a prezzi correnti); pesa il forte calo della domanda dei paesi UE (-1,7%) mentre è buona la performance extra-UE (+1,2%). I beni strumentali registrano il calo più forte (-2,6%), dopo gli energetici. Prospettive negative per i prossimi mesi dagli ordini esteri delle imprese manifatturiere, che a luglio hanno toccato il minimo da gennaio 2021 (-20,6 il saldo). Recupera, solo in parte, il commercio mondiale a maggio.
C'è poi un altro fattore di rischio al quale il Centro Studi di Confindustria dedica un'ampia analisi ed è quello che arriva dalla Germania, che costituisce uno dei principali mercati per i beni italiani: le nostre imprese sono fornitrici di varie industrie tedesche, specie nell’automotive e soprattutto di beni intermedi; quando l’industria tedesca frena, si ha un impatto negativo sulla produzione italiana, ma la sua tenuta nel 2023 dovrebbe evitare impulsi negativi ulteriori. Tuttavia, la debolezza tedesca nei consumi potrebbe frenare il pil italiano, colpendo sia il nostro export di beni finali, sia il turismo di tedeschi in Italia, che genera per noi un forte export di servizi.
Sulla durata della recessione tedesca, non sembrano esserci, rileva il Csc, buone prospettive per il 2023 nel suo complesso: i previsori stimano una recessione in Germania, in gran parte già acquisita (-0,3% in media il Consensus, -0,5% la Bundesbank), dovuta al calo dei consumi delle famiglie (-1,4%). Le prospettive per il prossimo anno sono migliori: una moderata risalita è attesa nel 2024 (+1,1%, +1,2%). Dunque, sottolinea ancora, sarebbe una recessione breve.
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