Cookie Consent by FreePrivacyPolicy.com
Loader

L'Italia non sa proteggere i medici

doctor-5835367_1920.jpg

La lettera denuncia dopo l'aggressione alla psichiatra. 'Lo specialista non deve preoccuparsi di proteggere la propria incolumità durante il lavoro'

"Agire con violenza con uno scopo preciso e per il profitto non è uguale a uccidere in preda a un delirio, e la risposta dello Stato attraverso gli organi di giustizia sarà diversa nei due casi. Oggi però è importante affermare e battersi affinché il medico, ma soprattutto lo psichiatra proprio perché ha a che fare con la violenza dei malati, non debba preoccuparsi di proteggere la propria incolumità durante lo svolgimento del proprio lavoro: è un dovere dello Stato, attraverso la politica, trovare la forma migliore di soluzione a questo problema che grava su di noi da moltissimi anni ormai. E forse maturo il tempo per ripensare e affrontare alcuni cardini culturali, basati sull'ideologia e non sulla scienza, che in tanti modi tentano di far passare la malattia e la violenza come una forma di normalità umana". Lo scrive in una lettera a 'La Stampa' Pieritalo Pompili, psichiatra e dirigente medico, tornado sul caso dell'omicidio della collega Barbara Capovani.

"Le prime impressioni leggendo tanti commenti o articoli sulla vicenda mi hanno lasciata perplessa: su più fronti si grida alla necessità di allontanare la violenza dalla psichiatria. Gli slogan più in voga possono essere riassunti così: basta con gli antisociali, basta con l'infermità mentale, basta con i Tso. Allora la riflessione è - rimarca Pompili - non si vuole allontanare la violenza, ma si vuole allontanare la malattia mentale dalla psichiatria! Mi spiego meglio: pensare e gridare che la violenza non appartenga al campo di interesse della psichiatria, come forma di malattia mentale è un controsenso inaccettabile. Perché le deduzioni sono ancor più preoccupanti: allora essere violenti è normale? La violenza è naturalmente insita nella specificità umana? Solo se si esclude la violenza e la cattiveria dalla malattia mentale, si può pensare che non sia compito del medico affrontarla per curarla. E allora non dovremmo scandalizzarci difronte agli omicidi, ai femminicidi, e trattare come normale il fatto che un uomo nel pieno delle sue capacità mentali distrugga la vita altrui come si compie qualunque altro gesto quotidiano".

"Penso che non si possa accettare tutto questo: la violenza, in ogni sua forma è un segno inequivocabile di alterazione mentale. Certamente ci sono diversi gradi di questa alterazione: alcuni restano confinati alla dinamica più latente dei rapporti interumani, in altri casi, i più gravi, si altera completamente il rapporto con la realtà e con l'umanità degli altri, anche distruggendola. In ogni caso, ahimè, è compito nostro (anche mio) riconoscerla e inquadrarla come un segno indiscutibile di perdita dell'umanità. E - continua - se sono gli affetti e il calore umano a permetterci di amare e non violare mai il confine della libertà altrui, la perdita di questi affetti è alla base dell'odio che arriva a uccidere. La teoria della nascita umana che Massimo Fagioli ha strutturato attraverso una immensa produzione scientifica da oltre 50 anni, non lascia spazio a dubbi: l'essere umano sano non è violento, mai. Essere malati non conferisce la patente di impunità, è altrettanto utile ribadirlo".

"Compito dello Stato è proteggere il cittadino dalla violenza. Compito dello psichiatra è curarla. Come creare la giusta interazione tra questi due concetti non è cosa semplice, e fare il mestiere dello psichiatra è pericoloso, ma è altrettanto necessario farlo con le giuste idee in testa, con il coraggio di cambiare antichi paradigmi che si sono dimostrati fallimentari, e in qualche modo essi stessi violenti", conclude.

 

1 anno fa
Foto: pixabay
Autore
Giada Giacomelli

Commenti