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Possiamo davvero ridurre le emissioni senza il nucleare?

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Cosa dicono i dati della produzione di energia dei paesi europei

Secondo i dati della Global Energy Review del 2021 prodotta dall'International Energy Agency "Le emissioni globali di anidride carbonica legate all’energia sono in procinto di aumentare di 1,5 miliardi di tonnellate nel 2021 – il secondo aumento più grande nella storia – invertendo la maggior parte del declino dello scorso anno causato dalla pandemia di Covid-19". 

Con un numero approssimativo, che prevede una media tra i diversi dati in circolazione, si può affermare che la produzione di energia elettrica impatta sulle emissioni di CO2 per circa il 25% del totale. Un numero decisivo, dunque, sul quale lavorare in ottica riduzione delle emissioni. 

Per pensare a una riduzione delle emissioni da produzione di energia, vanno valutate le fonti di approvvigionamento più sostenibili. Tra le fonti, quelle a minor impatto sono le rinnovabili, con l'energia idroelettrica che emette 24 grammi di CO2 per kWh prodotto, l'eolico a 11 grammi e il fotovoltaico a 45. Le risorse tradizionali come gas e carbone consumano rispettivamente 490 e 820 grammi per kWh.

Nucleare

La risorsa non rinnovabile che più si avvicina ad un impatto zero sull'ambiente, facendo addirittura meglio del fotovoltaico e dell'idroelettrico, è il nucleare, che emette 12 grammi di CO2 per kWh.

Nel 1987 in Italia un referendum abrogativo ha tagliato le gambe al programma nucleare. Al referendum, svolto un anno dopo il disastro di Chernobyl, vinse la paura di un eventuale disastro, e si decise di eliminare completamente la produzione di energia atomica, fino a un nuovo tentativo nel 2009, bocciato con il nuovo referendum del 2011. Oggi, il nucleare è quasi un tabù, e ogni politico ha per anni dosato attentamente le dichiarazioni sul tema. Per una reale riduzione delle emissioni di CO2, tuttavia, i dati ci dicono che sarà complicatissimo fare meglio di così senza fare ricorso all'energia nucleare.

Molto spesso, su questo tema, si sente parlare di lasciare da parte l’ideologia, come ha auspicato qualche giorno fa il Ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani: “Ieri nel gruppo dei 27 ministri una larga maggioranza parlava di un futuro in cui noi dovremo, per neutralità tecnologica, con assoluta laicità rispetto a qualunque tecnologia, cercare di sviluppare tutte le soluzioni che ci consentiranno di decarbonizzare il più in fretta possibile, il nucleare era una di queste. Nessuna ideologia, non è qualcosa di cui parlo io, ne parlano decine di Stati nel mondo". 

La forza dei dati 

Il sito Electricity Map è un progetto no profit che si occupa di mostrare in una mappa i dati delle emissioni di CO2 per ogni paese che fornisce i dati. Analizzando i numeri forniti dal sito, si possono trarre delle conclusioni abbastanza nette. 

Francia e Italia

La francia conta sul proprio territorio ben 58 reattori nucleari attivi, e i dati del paese europeo che fa ricorso più ampio all'energia nucleare parlano chiaro. Nella produzione di energia elettrica, le emissioni francesi sono di 116 grammi di CO2 emessi per kWh di energia prodotto.

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La media dell'Italia è invece di circa 370 grammi. La Francia produce energia elettrica per circa il 62% da centrali nucleari, arrivando con le fonti rinnovabili a circa il 75% del totale di energia prodotta. In Italia, la fonte principale per la produzione di energia elettrica è il gas, con una percentuale di ricorso alle rinnovabili che varia a seconda delle macro-aree del paese. 

Germania

Uno dei paesi grandi paesi europei che al momento emette più anidride carbonica è la Germania, per il suo ampio ricorso alle centrali a carbone. Il paese di Angela Merkel ha investito tantissimo sulle risorse rinnovabili che però, come facile intuire, non garantiscono un flusso di energia sicuro e continuo. Al momento, la Germania emette come nazione 436 grammi di CO2 per kWh prodotto, ricorrendo alle centrali a carbone per il 38% dell’energia elettrica prodotta.

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Il dato eloquente è che la Germania ha installato impianti per energie rinnovabili che, se funzionassero al 100%, coprirebbero ampiamente il fabbisogno totale del paese. Tuttavia, data la presenza non costante di sole e vento, al momento eolico e fotovoltaico in Germania funzionano rispettivamente al 5% e al 17% della capacità installata, garantendo al paese un totale del 18% del fabbisogno. 

Il piano B? Carbone, che fa schizzare alle stelle le emissioni di una delle più grandi (e soprattutto avanzate) potenze mondiali, che di fatto si approvvigiona di energia nello stesso modo dell'India. 

Il nord

Un altro esempio virtuoso, che fa ancor meglio della Francia, è rappresentato dalla Svezia. Lo stato nordico riesce ad emettere solo 37 grammi di CO2 per kWh prodotto, grazie ad un ricorso massivo all’energia idroelettrica, pari al 33% del fabbisogno energetico del paese. Il resto dell’energia proviene dall’eolico (29,5%) e dal nucleare (29,5%).

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Non è difficile intuire che un percorso di avvicinamento al nucleare, pensato magari a livello internazionale, possa essere un passo vero verso la decarbonizzazione. In mancanza di risorse idroelettriche, che permettono per esempio a paesi come la Norvegia di avere emissioni quasi trascurabili (c.ca 26g/kWh), il nucleare è l’unica via per permettere, anche a paesi in via di sviluppo e privi di risorse idroelettriche, uno sviluppo e una produzione energetica sostenibile. 

La paura che ancora ossessiona i cittadini, data da mille fattori come i media, i disastri passati, eventi catastrofici visti al cinema e in tv o la semplice paura dell’ignoto, va combattuta con campagne di informazione adeguata, informando la popolazione non solo dei costi che avrebbe un eventuale ricorso al nucleare, ma dei danni che provocherebbe una rinuncia definitiva a questo tipo di energia.

3 anni fa
Autore
Emanuele Di Casola

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