Referendum flop, riformisti Pd presentano il 'conto' a Schlein
"Regalo a Meloni". Il centrodestra esulta: "Ora governo è più forte"
L'area riformista del Pd presenta il 'conto' ad Elly Schlein dopo il risultato non brillante dei referendum. Con due registri diversi, però. I toni duri, a caldo, di Pina Picierno, Elisabetta Gualmini, Filippo Sensi. La scelta della minoranza bonacciniana, si riferisce, è invece quella di evitare di affondare il colpo, valorizzare comunque i 14 milioni che hanno votato e chiedere un confronto, una "riflessione" in Direzione su "quello che serve per vincere le elezioni, su quello che ha funzionato e non funzionato" fin qui. La riunione non è ancora in agenda. Nei prossimi giorni ci sarà una Direzione ma con il bilancio all'odg. Servirà una convocazione ad hoc.
Ma intanto si è valutato di evitare le uscite a caldo, si spiega, anche per arginare il rischio di andare a fare da grancassa agli attacchi del centrodestra. E di non dare la giusta rilevanza a 14 milioni di elettori che "vanno valorizzati, ben sapendo - si sottolinea - che non sono sufficienti" per vincere le politiche.
Bonaccini pacato, riformisti all'attacco
La posizione dell'area nella lunga nota di Stefano Bonaccini: "Si è mancato l’obiettivo e quando oltre due terzi degli italiani non rispondono è necessario riflettere", sottolinea il presidente del Pd.
Ma aggiunge: "Fossi nella destra, tuttavia, eviterei certi toni di scherno: pochi o tanti che siano, i circa 14 milioni di elettori che hanno partecipato sono più della somma dei voti di tutti i partiti che sostengono il governo Meloni alle ultime elezioni politiche. Dunque consiglierei di tenerne conto e non deriderli".
Una 'pacatezza' che non da tutti, nell'area riformista, è stata osservata. In particolare da quegli esponenti dem che già nelle settimane scorse, con una lettera pubblica, avevano annunciato che il loro dissenso rispetto ai 5 sì sostenuti dalla segretaria Schlein. Tra questi la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, che mette agli atti via social: "Una sconfitta profonda, seria, evitabile. Purtroppo un regalo enorme a Giorgia Meloni e alle destre".
"Fuori dalla nostra bolla - continua Picierno - c'è un Paese che vuole futuro e non rese di conti sul passato. Ora maturità, serietà e ascolto, evitando acrobazie assolutorie sui numeri". Il riferimento è alla linea scelta dalla segreteria Schlein di sottolineare come i 14 milioni al voto siano superiori agli elettori che hanno portato Giorgia Meloni a palazzo Chigi che nel 2022 furono 12 milioni e 300mila. Dura l'analisi anche dell'eurodeputata Elisabetta Gualmini: "Aver mobilitato tutto il partito (democratico), tutti i circoli, tutti i dirigenti su un referendum che doveva 'correggere gli errori del vecchio Pd' si è rivelato un boomerang. Un referendum politico contro se stessi".
Per Giorgio Gori "un autogol prevedibile, che andava evitato. Il Pd si è infilato in una battaglia ideologica, anacronistica, troppo tecnica e quasi incomprensibile ai più, a traino della Cgil e contro la sua stessa storia. Una battaglia controproducente, che ha diviso il fronte progressista e il mondo sindacale. E l'ha persa senza attenuanti". E ancora Filippo Sensi: "Referendum sbagliati, rivolti al passato, hanno portato a una sconfitta tanto più bruciante perché tocca la questione del lavoro, identitaria per il centrosinistra. Se non si allarga, se non si parla al Paese, nella sua complessità e ricchezza e varietà, ma ci si rifugia in risposte testimoniali, minoritarie, non si va lontano".
Sulla stessa linea Lia Quartapelle: "Per vincere, quello che è stato fatto finora non basta. Evidentemente non basta promuovere battaglie identitarie e di minoranza, che parlano solo a una parte dei cittadini. E non basta regolare i conti con il passato, quando c'è un presente e un futuro che chiedono capacità di analisi e risposte nuove".
Con il flop ai referendum, "la sinistra ha subito una sconfitta cocente'', la Cgil "ha rotto l'unità sindacale", mentre il "governo ne esce rafforzato". Tra meme e sfottò social nei confronti delle opposizioni - c'è chi addirittura evoca il 5-0 subito dall'Inter in finale di Champions League -, il centrodestra esulta per il mancato quorum ai cinque quesiti referendari (quattro sul lavoro e uno sulla cittadinanza) con l'affluenza che si è fermata poco sopra il 30 per cento.
"Il campo largo, se mai fosse nato, oggi è definitivamente morto, la campagna di odio ha schifato gli elettori", sentenzia il presidente del Senato, Ignazio La Russa cantando il suo personale de profundis per le forze di opposizione dopo la chiusura delle urne, arrivata a poche ore dalla manifestazione unitaria di piazza del centrosinistra a Roma pro-Gaza. Nessun commento, allo stato, da parte di Giorgia Meloni ma per lei parla un fedelissimo, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all'attuazione del programma, Giovanbattista Fazzolari, intercettato dai cronisti a palazzo Chigi: "E' un responso molto chiaro: il governo ne esce ulteriormente rafforzato e la sinistra ulteriormente indebolita".
Per il ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani "vano ed inutile è stato provare a trasformare il referendum in una mobilitazione contro il governo Meloni". Non ha dubbi il vicepremier Antonio Tajani: "Si è voluto politicizzare il referendum e trasformarlo in uno scontro tra maggioranza e opposizione. Ma alla fine ancora una volta ha vinto la maggioranza" ed ha perso la "sinistra", che ha "voluto tentare l'assalto al governo'' usando il ''grimaldello dei quesiti referendari".
Fronte Lega, Matteo Salvini impegnato in Francia, a Mormant-sur-Vernisson, con i patrioti radunati da Marine Le Pen, dal palco - a urne ancora aperte - ha gioco facile ad annunciare agli alleati europei la sconfitta dei referendari. "Oggi in Italia la sinistra porta al voto un referendum per dimezzare gli anni per avere la cittadinanza italiana, verranno bocciati, il popolo non li voterà", le parole del numero uno del Carroccio tra gli applausi, citando il quesito sul passaporto italiano agli stranieri e minacciando i migranti: "O si adeguano alle nostre leggi o tutti a casa". Poi, indossati i panni del vicepremier, ha commentato così i dati ormai definitivi: "Grande rispetto per chi è andato a votare, enorme sconfitta per una sinistra che non ha più idee e credibilità e che non riesce a mobilitare neanche i propri elettori". Più duro il suo vice, il generale Roberto Vannacci che indica la strada agli sconfitti: "Almeno per dignità, si dimettessero e sparissero dalla vita sociale e politica di questa Nazione che li ha bocciati senza appello".
"Le hanno tentate e giocate tutte, perfino strumentalizzando le tragiche vicende di Gaza, pur di portare a casa i referendum", "ma gli italiani non si sono fatti ingannare", gongola Tommaso Foti, ministro del Pnrr, che ironizza su Landini con una battuta sulla sua Inter sconfitta in finale di Champions: "Il segretario della Cgil pensava di 'battere il cinque' con i referendum ed intestarsi una vittoria clamorosa che lo accreditasse a federatore dell'opposizione. Porta a casa una cinquina che, al paragone, quella dell'Inter - parola di tifoso nerazzurro - sembra una carezza...". La butta sull'ironia pure Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione del partito di via della Scrofa: "Hanno tentato una spallata al governo Meloni e per l'ennesima volta si sono slogati la spalla...".
Forza Italia punzecchia il Pd sui soldi investiti per la campagna referendaria. "Forse bisogna cambiare la legge sui referendum, servono probabilmente più firme, anche perché - attacca Tajani - abbiamo speso tantissimi soldi, per esempio, per portare centinaia di migliaia, milioni di schede per gli italiani all'estero che sono tornate bianche". Gli fa eco Maurizio Gasparri, capogruppo azzurro al Senato: "Il Pd della Schlein ha fatto spendere un sacco di soldi per una consultazione che tutti sapevano non avrebbe raggiunto il quorum".
Netto anche Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati: "Schlein, Landini e una parte della sinistra hanno voluto politicizzare i referendum contro il governo e così sono stati clamorosamente sconfitti". L'ex ministro coglie l'occasione per lanciare una proposta: "Non bisogna però svilire lo strumento del referendum. Per questo Noi Moderati presenterà un ddl per alzare il tetto delle firme da 500 mila a un milione". Uno spunto che sembra trovare raccogliere consenso all'interno della coalizione di centrodestra, dove ci si prepara ad affrontare anche il dossier della legge elettorale. Al momento non c'è fretta - viene spiegato da fonti di maggioranza - e la partita potrebbe essere aperta alla ripresa dei lavori parlamentari, dopo la pausa estiva.
Cittadinanza questione ancora aperta
Quanto al merito dei quesiti, resta aperta però nel centrodestra la questione di una legge sulla cittadinanza. Perché se in Francia Salvini è stato tranchant ("cittadinanza accelerata? Idea sbagliata e bocciata pure quella, servono semmai più controlli e più buon senso") l'altro vicepremier, Tajani, ha ricordato come per Forza Italia serva una nuova legge parlamentare. "Lo strumento del referendum per avviare iniziative politiche non si è risolto positivamente", dice il segretario di Fi, che rilancia lo ius scholae: "Pensiamo alla cittadinanza: 5 anni per diventare cittadino italiano, è troppo poco. Tant'è che anche tra coloro che sono andati a votare c'è una grande parte di elettori che hanno votato no".
Il ministro degli Esteri ribadisce: "La riforma più giusta per garantire l'integrazione, è quella di Fi: 10 anni di scuola con profitto e poi si può richiedere la cittadinanza. Questo è quello Ius scholae che chiediamo con la nostra proposta di legge".
"Cittadinanza accelerata? Idea sbagliata e bocciata pure quella, servono semmai più controlli e più buon senso", l'opinione di Salvini. Si leva qualche sassolino dalle scarpe La Russa: "Io sono andato a votare, in un comizio ho detto, penso che non andrei a votare, ma quello era un pubblico tutto mio. Poi non ho fatto cenno né parola di propaganda mentre sulle mie parole la propaganda l'ha fatta la sinistra con un volgare utilizzo delle mie parole. Quasi campagna di odio dire, 'vota diverso da La Russa'", attacca in tv, ospite di La7.
"Solo per eccesso di opportunità istituzionale - rimarca La Russa - sono andato a votare e ho votato per un solo referendum: quello sugli incidenti sul lavoro. Si tratta di un tema che considero molto delicato ed è sbagliato affrontarlo in un referendum: riguarda la vita e la morte di tanti lavoratori a cui dobbiamo inchinarci con rispetto".
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