Cookie Consent by FreePrivacyPolicy.com
Loader

La cultura dell'empatia per contrastare la violenza sulle donne

hand-1832921_1920.jpg

Dopo l'ennesimo femminicidio a Roma è emergenza. Ci vuole un cambio radicale, non fermo agli slogan ma a un'educazione vera

I numeri sono agghiaccianti. Il Viminale porta questa macabra ragioneria che fa casistica. Ma sangue e lacrime sono vere. 
Ieri, a Roma, ha perso la vita un’altra donna, un’infermiera di 52 anni, Rossella Nappini, pugnalata nell’androne del palazzo dove viveva, nel quartiere Trionfale. C’è il sospettato assassino, un suo ex, trasferito in carcere per ulteriori interrogatori. 
Scorrendo i dati del ministero dell’interno dal 1° gennaio al 23 luglio 2023 sono stati registrati 184 omicidi, con 65 vittime donne, di cui 52 uccise in ambito familiare o affettivo; di queste, 31 hanno trovato la morte per mano del partner dell'ex. L’emergenza è sociale e culturale quando ci si trova di fronte a questi tragici eventi. 

“Il femminicidio è quasi sempre il risultato di un’educazione patriarcale somministrata in un tempo moderno, un’educazione non rivisitata che non ha tenuto conto dell'evoluzione della donna, della tolleranza alla diversità, del cambiamento della struttura della famiglia, insomma della modernità. Chi agisce facendo violenza ha strumenti emotivi poveri, disorientato dalla fine di una storia, ferito da quello che crede sia un affronto, perché l’abbandono gli rovina la sua immagine virile, non accettando non solo la fine di una storia ma anche che possa essere sostituito da un altro partner” Sara Di Matteo, mediatrice familiare, è sicura di questo. Lavora da anni in ambito familiare e conosce situazioni delicate, frammentate, covate, pronte a esplodere. Eppure, c’è un aspetto che la colpisce. “Quasi sempre sia vittime che gli assassini hanno un’età che oscilla tra i 40 e i 60 anni”. Ma se poi guarda all’anagrafica, Sara Di Matteo volge lo sguardo agli anni che verranno. “Infatti, la speranza è nel futuro, volta nelle giovani mamme che cresceranno uomini capaci di piangere, che non si sentiranno meno uomini con una maglia rosa, e soprattutto che non si sentiranno meno uomini se dovranno sperimentare l'abbandono da parte di una compagna, saranno uomini che non si sentiranno falliti e accetteranno la sconfitta: insomma saranno meno alfa. Oggi invece questi uomini che compiono atti atroci non hanno resilienza, non hanno dato voce al loro lato femminile, non hanno gli strumenti emotivi per gestire la frustrazione. Poi, ci sono anche le donne spesso "mal educate" che pensano sempre di riuscire a cambiare l'uomo: quindi, questa cultura della prevenzione va fatta per entrambi, perché tante donne accettano soprusi o sottovalutano gli eventi”. 

Revision (56).png
Ecco, ma come si cambia una cattiva educazione? “Aspettando una nuova generazione -riprende Sara Di Matteo-. Ma non possiamo vedere e aspettare che si massacrano tutti prima di vedere risultati. E allora è necessario intervenire subito con la formazione, cambiando la struttura di alcune convinzioni concettuali malsane. Devono intervenire i servizi sociali del territorio e devono esserci più risorse per punti di ascolto”. 
Da anni Simona Serino, attrice e regista, ha messo su uno spettacolo teatrale formato da quadri che denunciano vessazioni, situazioni, eventi che hanno a che fare con la violenza sulle donne. Il titolo di questo spettacolo? ‘Donne nella rete’. Uno spettacolo che è sì denuncia ma è anche e soprattutto momento di riflessione, catarsi, insegnamento. “Come contrastare questo fenomeno della violenza? È necessario imporre un cambiamento di mentalità, e per farlo si deve lavorare sullo scuotere le coscienze –dice-. Toccare e ribaltare il mondo emotivo, prima ancora che quello razionale. I convegni dove si sciorinano numeri, scendere in piazza e urlare ‘Basta alla violenza sulle donne’ oltre ad avere l'effetto informativo nel primo caso e l'impatto solidale nel secondo, purtroppo a quanto pare non cambia le cose. Le nuove generazioni, e non solo, sono assuefatte alle immagini e agli slogan della violenza, e non solo a quella di genere (si veda la produzione cinematografica degli ultimi 10 anni e i contenuti che vanno per la maggiore sui social) ma sanno davvero cosa significa? Hanno modo di empatizzare con situazioni così drammaticamente pesanti? Purtroppo no, perché l'abitudine è quella di osservare attraverso mezzi di comunicazione cosiddetti freddi, per citare Mac Lhuan, dove il soggetto è relegato volutamente a spettatore inerte. E pian piano questa modalità di deresponsabilizzazione invade anche altri ambiti della vita reale, mentre invece è fondamentale un coinvolgimento emotivo. Solo così possiamo credere in un cambio di passo”. 
Come? “Il teatro fa questo. Ti abitua a entrare in contatto con l'altro in maniera responsabile, ma soprattutto a entrare in contatto con te stesso, in modo consapevole, anche dolorosamente –riprende Simona Serino-. L'intento del nostro lavoro ‘Donne nella rete’ è scuotere, appunto, le coscienze attraverso l'immedesimazione. È lanciare un messaggio di allarme ma anche di speranza, laddove si rende necessario un dialogo costruttivo tra mondo maschile e mondo femminile cercando punti di incontro. Tanti ragazzi hanno restituito un'esperienza di stupore dopo aver assistito alla performance, raccontando che della violenza ne avevano certo sentito parlare, ma vederla e viverla da quella prospettiva gli aveva aperto un mondo. Ecco, è questo mondo che dobbiamo portare in emersione ed è su questo che si annida la speranza di cambiare le cose, soprattutto per il futuro. La donna deve lavorare sulla propria autostima per rendersi libera da certe catene ai primi segnali di allarme. L'uomo deve tornare a guardare la donna come soggetto, non più come oggetto e proprietà. Deve reimpostare i propri criteri di valutazione sul valore della libertà e della capacità di reggere alla frustrazione. Non è per niente facile, ma una strada si deve trovare, e presto”.

Revision (58).png
Ma come? “Dobbiamo scardinare la cultura dominante dell'individualismo, prima ancora di quella del machismo, perché ha condotto a un Io ipertrofico, come diceva George Simmel, e le conseguenze sono anche queste. Le agenzie educative hanno un ruolo molto significativo, soprattutto se ci domandiamo  quali siano, ad oggi, tali agenzie. Sappiamo che la società è cambiata e con essa i punti di riferimento valoriali, ma il mondo emotivo dell'essere umano è sempre lo stesso. È a quello che dobbiamo parlare ed è con quello che dobbiamo comunicare. Tornare a costruire relazioni e recuperarne l'importanza, perché l'uomo è un animale sociale (lo disse Aristotele e non esiste ad oggi una definizione più esaustiva). Recuperare la bellezza del dialogo, in famiglia, a scuola, nel gruppo dei pari, nella coppia. La capacità di saper ascoltare attivamente, di saper osservare per vedere, non solo semplicemente di guardare, per capire l'altro in quanto nostro simile. Importantissima è la Rete solidale, a partire tra donne, quindi con sospensione del giudizio di valore e ritorno all'humanitas. Fare rete per proteggere, per arginare il pericolo, per sostenere, per affermare la libertà di scegliere, anche di andar via”. 
Si invoca spesso l’intervento del mondo politico davanti a numeri del genere e a crimini così abietti. “La politica deve intervenire con un lavoro sicuramente punitivo, ma soprattutto preventivo di formazione, la cosiddetta prevenzione primaria, predisponendo innanzitutto nelle scuole psicologi che insegnino l'importanza del rispetto e gli strumenti della comunicazione emotiva. Proporre a livello mediatico modelli positivi del 'no' e promuovere la cultura della 'sconfitta', dove anche il rifiuto sentimentale diventa assorbibile nell'ottica che non si può avere tutto, soprattutto quando ci si relaziona con individui che esercitano il loro diritto di libera scelta. Siamo una società che sta crescendo esseri umani valutati sulla performance, dove il valore dell'unicità è visto come ostacolo alla realizzazione dei propri progetti materiali. Tornare alla bellezza attraverso il coraggio di 'essere umani', simili e diversi. Questa credo sia una possibile strada, e la cultura è quella dimensione di vita che da sempre, e per sempre, risponde a tale bisogno”.
Sul tema è intervenuto anche il Consiglio direttivo della Federazione italiana di sessuologia scientifica (Fiss), a proposito dei recenti fatti di violenza avvenuti in Italia. "Siamo sempre stati convinti che dobbiamo formare professionisti capaci di lavorare a scuola, nei consultori, negli spazi giovani, nel rapporto con i genitori e con gli adulti autorevoli, perché nessuno deve isolare le generazioni. Insieme possiamo costruire un baluardo che impedisca di pensare e di fare quello che è accaduto a Palermo e di recente anche in luoghi diversi sempre da parte di persone molto giovani. Pensiamo che il Governo possa avvalersi, nei ministeri competenti e sul territorio, di figure che da sempre combattono per educare, promuovere e prevenire, quali i professionisti formati dalla nostra Federazione". Ancora: "La cultura del cambiamento contro la violenza - osserva la Fiss - passa dalla costruzione di un'etica del rispetto e delle relazioni corrette, e dalla costruzione di una consapevolezza che porti orgoglio a coloro che usano rispetto, sanno chiedere il permesso, il consenso, sentendo come questo sia il segnale di una crescita densa di valori. Gli episodi di Palermo, l'uso negativo dei social e l'idea che la violenza porti potere e comporti di essere visibili, di ricevere messaggi di approvazione, è il grande problema di uno strumento che invece di far crescere si è trasformato in modelli di comportamenti che recano danno".
"Come Federazione - sottolinea il direttivo - ci battiamo da tanti anni per avere anche in Italia una educazione sessuale e affettiva formando persone in grado di occuparsi di questi temi importanti: gli esperti in educazione sessuale e affettiva e i consulenti sessuali". Alcuni anni fa - ricorda la nota - la Fiss si è occupata della traduzione e dell'adattamento all'Italia delle Linee guida per l'educazione sessuale in Europa dell'Organizzazione mondiale della sanità, giungendo, attraverso un composito tavolo di lavoro, ad una proposta di linee di indirizzo nazionali per l'educazione all'affettività, alla sessualità e alla salute riproduttiva nelle scuole, attualmente in itinere presso il ministero dell'Istruzione e del Merito e il ministero della Salute. Queste Linee guida, che delineano i principali obiettivi e contenuti riferiti alle diverse fasce di età, dalla scuola d'infanzia alle scuole secondarie di secondo grado, una volta varate - evidenziano gli esperti - costituirebbero un valido strumento di promozione della salute sessuale e riproduttiva, di educazione al rispetto e di prevenzione della violenza".

 

1 anno fa
Foto: pixabay
Autore
Gian Luca Campagna

Commenti