Siria: le violenze raccontate da Amnesty
Un rapporto di 68 pagine nel quale Amnesty racconta le violenze dei servizi segreti sugli ex rifugiati tornati in Siria
“Nessuna zona della Siria può essere considerata sicura”. È ciò che Amnesty dimostra con il suo documento, che raccoglie testimonianze di tutte le violazioni dei diritti umani perpetrate nello stato del Vicino Oriente.
L’organizzazione non governativa nata in Inghilterra accusa delle violenze i servizi segreti sotto la guida del presidente Bashar al-Assad. Bersaglio delle atrocità sarebbero le persone fuggite dalla guerra, tornate in patria per cercare tranquillità.
Le testimonianze
41 sono le persone intervistate dalla O.N.G., tutte testimonianze di persone che avevano lasciato la Siria. L’accusa fatta agli individui tornati nel loro paese d’origine è quella di “tradimento”.
Uno degli intervistati si nasconde dietro lo pseudonimo di Karim. Emigrato in Libano e rientrato successivamente nel suo villaggio, è stato arrestato dopo quattro giorni dal suo rientro in Siria e detenuto per sei mesi e mezzo.
“Uno [di quelli che m’interrogavano] mi ha accusato di essere tornato per rovinare il paese e completare quello che avevo iniziato prima di partire. Ero un terrorista perché venivo dal mio villaggio [schierato con l’opposizione]. Dopo che mi hanno rilasciato, per cinque mesi non ho potuto incontrare nessuna delle persone che venivano a farmi visita: avevo incubi e allucinazioni, parlavo nel sonno, mi svegliavo urlando e piangendo. Le torture hanno lesionato i nervi della mia mano destra e alcuni dischi della schiena”.
Sono 14 le violenze sessuali ai danni di donne e bambini documentate da Amnesty.
Noor è una donna che, fermata al confine, ha subito uno stupro insieme alla sua bambina di soli 5 anni, mentre Yasmin ha passato 29 ore in una prigione dei servizi segreti Siriani, durante le quali è stata stuprata insieme al figlio minorenne. Queste le parole che ricorda:
“Mi hanno detto ‘Questo è il benvenuto nel tuo paese. Se esci ancora una volta dalla Siria ei rientri, ti daremo un benvenuto ancora più grande. Non dimenticherai per tutta la vita il modo in cui ti abbiamo umiliata’”.
Un totale di 59 casi documentati di arresti tra donne, uomini e bambini, la maggior parte accusati di terrorismo solo per avere lasciato il proprio paese.
“Non so per quanto tempo mi abbiano torturato. Ogni tanto riuscivo a contare i colpi che mi davano. Una volta sono arrivato a 100 ma di solito dopo 50 o 60 svenivo”. Racconta Yasin.
Un luogo sicuro?
Come ricorda Amnesty, ora il governo siriano controlla la maggior parte del paese. Le istituzioni di Damasco guidate da Assad stanno dunque spingendo per il ritorno in patria dei profughi di guerra.
In seguito a ciò, molti paesi anche all’interno dell’Unione Europea (Amnesty cita Danimarca e Svezia) stanno modificando i propri criteri di protezione, spingendo anch’essi per un ritorno dei profughi in Siria, considerata un luogo sicuro.
L’allarme di Amnesty è invece chiaro e va sottolineato: “nessuna zona della Siria è sicura”.
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