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Quella risata che appartiene al mondo

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La reazione dello scrittore Stefano Ferri che reclama il suo diritto a vestirsi da donna si scontra con la reazione degli altri

Stanco di subire non ci ha visto più. E ha reagito. Così racconta lo scrittore #StefanoFerri, collega in Mursia. Ha sbottato alla sua maniera. In modo originale, provocatorio, e, quindi, inevitabilmente divisorio. Come divisorio, del resto, è quando parla e agisce in nome e per conto di Stefano e di Stefania. E sì, perché Stefano (all’anagrafe) è uomo ma si veste da donna, è regolarmente e felicemente (?) sposato, ha una figlia e indossa esclusivamente abiti femminili.
Ci ha scritto su anche un libro, ‘Crossdresser – Stefano e Stefania le due parti di me’ (Mursia, appunto). Trovata pubblicitaria per un autore in cerca di successo? Può darsi. Ma c’è stile, ironia, sofferenza, profondità. Però il fatto è un altro. Stefano ha sbottato qualche giorno fa, in metropolitana a Milano, di fronte a una signora che vedendolo vestito da donna non ce l’ha fatta e s’è sganasciata dalle risate. Stefano, come è naturale, c’è rimasto male, ha replicato alle risa sguaiate della sciura reclamando il suo diritto a indossare abiti da donna rivangando che rivoluzionarie, pazze e visionarie erano state quelle donne che anni addietro avevano azzardato indossando pantaloni. “E così io non posso forse indossare una gonna?” ha aggiunto stizzito. A parte che gli uomini la gonna l’hanno sempre indossata (immediata è l’immagine dei rudi e virili scozzesi in kilt) ma, caro Stefano, è il gioco delle parti nel momento in cui tu hai deciso di essere te stesso decidendo di vestirti come ti pare abbracciando il tuo mantra “Così come le donne sono libere di scegliere fra tacchi e mocassini, anch'io pretendo la stessa libertà”.
Optando verso questa scelta non puoi, caro Stefano, appellarti al politicamente corretto, perché, giuratemi che non lo avete fatto mai, a volte viene naturale ‘sorridere’ davanti a donna/uomo di taglia oversize intubati però in abitini striminziti e succinti. E non tacciatemi, per favore, di body shaming, perché la democraticità a tutti i costi ci renderà liberi ma anche ridicoli e inopportuni. A volte c’è voglia di esibizionismo puro, inutile girarci attorno, un alto senso dell’egocentrismo che punta a far parlare di sé perché forse, in questo caos tra strumenti e linguaggi di cui siamo bombardati senza soluzione di continuità, nessuno ci starebbe ad ascoltare pur avendo valide argomentazioni.
1 anno fa
Autore
Gian Luca Campagna

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