Al via la transumanza per mezzo milione di pecore e mucche
Con l’arrivo dell’estate e il caldo scatta la transumanza con quasi mezzo milione di pecore, mucche e capre
Con l’arrivo dell’estate e il caldo scatta la transumanza con quasi mezzo milione di pecore, mucche e capre che “migrano” guidati da pastori e bovari attraversando l’Italia alla ricerca di pascoli, secondo una tradizione secolare diventata patrimonio dell’Unesco. E’ quanto afferma la Coldiretti in occasione delle partenze delle prime greggi e mandrie con gli allevatori che, insieme ai loro cani e ai loro cavalli, si spostano dalla pianura alla montagna, percorrendo anche un centinaio di chilometri attraverso le vie semi-naturali dei tratturi, con viaggi di giorni e soste in luoghi prestabiliti, noti come “stazioni di posta”.
Una pratica ancora oggi diffusa soprattutto nel Centro e Sud Italia, dove sono localizzati i Regi tratturi, partendo da Amatrice e Ceccano nel Lazio ad Aversa degli Abruzzi e Pescocostanzo in Abruzzo, da Frosolone in Molise al Gargano in Puglia. Ma pastori transumanti sono ancora in attività anche nell’area alpina, in particolare in Lombardia e nel Val Senales in Alto Adige, oltre che nel Veneto e Piemonte. Le razze “principi” della transumanza sono sicuramente la Podolica per i bovini e la Gentile di Puglia per le pecore, grazie alla loro grande resistenza.
Accanto agli aspetti di folklore tradizionale, come ad esempio il rito del suono dei campanacci, la transumanza mantiene un importante valore economico ma anche culturale, rappresentando un’occasione di scambio tra usi e costumi dei diversi territori. Non a caso nel 2019 è stata riconosciuta patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco nel 2019 con la candidatura che ha visto l’Italia capofila di una alleanza con Grecia e Austria. Ma un ulteriore valorizzazione è venuta anche dal recente decreto sul Made in Italy del Governo, con l’istituzione dell’Osservatorio nazionale per la tutela della transumanza e la promozione dell’allevamento zootecnico estensivo.
Il provvedimento ribadisce il valore sociale, economico, storico e ambientale del settore in un momento di grande difficoltà con la Fattoria Italia che nell’ultimo decennio ha perso circa un milione di pecore e agnelli e 200mila bovini e bufale.
Un addio che ha riguardato soprattutto la montagna e le aree interne più difficili dove mancano condizioni economiche e sociali minime per garantire la permanenza di pastori e allevatori, spesso a causa dei bassi prezzi e per la concorrenza sleale dei prodotti importati dall’estero. E già bussa alle porte la carne sintetica sostenuta da aggressive campagne promosse dalle grandi multinazionali del cibo per cancellare l’allevamento italiano, nonostante i dubbi espressi da Fao e Oms che hanno individuato ben 53 pericoli potenziali per la salute, dalle allergie ai tumori e le preoccupazioni sul piano ambientale. I risultati della ricerca realizzata da Derrick Risner ed i suoi colleghi dell’Università della California a Davis hanno evidenziato che il potenziale di riscaldamento globale della carne sintetica definito in equivalenti di anidride carbonica emessi per ogni chilogrammo prodotto è da 4 a 25 volte superiore a quello della carne bovina tradizionale.
A rischio anche la straordinaria biodiversità delle stalle italiane dove sono minacciate di estinzione ben 130 razze allevate tra le quali ben 38 di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini. Gli animali custoditi negli allevamenti italiani rappresentano un tesoro unico al mondo che va tutelato e protetto anche perché a rischio c’è anche il presidio di un territorio dove la manutenzione è garantita proprio dall’attività di allevamento, con il lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali.
Quando un allevamento chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni.