Russofoni non sono filorussi, l'Italia abbia più coraggio
Irina Kashchey è nata a Kharkiv, fa la giornalista e fa un appello al nostro Paese
Irina Kashchey è nata a Kharkiv, la città a pochi chilometri dal confine russo in cui si combatte strada per strada, e ha studiato all'Università della seconda città ucraina, uno degli atenei più grandi, e con la storia più lunga, del Paese. Nel 2006 si è trasferita in Italia dove tuttora vive e lavora come giornalista freelance. In questi anni si è spesa per contribuire a smontare il mito di una Ucraina orientale russofona filo russa. Oggi, dopo l'arrivo delle forze russe nel centro della sua città, denuncia di non avere più notizie delle persone care.
"Sono 30 ore che non sento la mia amica, V. sposata, con due figli, di 7 e 14 anni, un marito e la mamma ottantenne, e da 24 non parlo con mio fratello", spiega. V. imprenditrice, con una attività di importazione di prodotti dai Paesi Occidentali per cui viaggia continuamente, residente in una casa su due piani di un quartiere residenziale a Nord di Kharkiv, una delle due direzioni da cui sono entrate le forze russe, aggiornava Irina tutte le mattine sulla situazione in città. "Ieri mi aveva scritto che non c'era più elettricità. Che avevano un generatore con cui sono riusciti a cucinare e ricaricare i telefoni. Da allora più nessuna informazione.
La madre di un'altra amica di Irina, una donna di settantadue anni, diabetica e con difficoltà di movimento, si era ammalata di covid e il 12 febbraio era stata ricoverata in un ospedale della città dove rimaneva in una situazione grave, anche se non gravissima. Il 24, poche ore dopo l'inizio dell'intervento militare russo, l'ospedale ha chiamato il fratello dell'amica, che risiede all'estero, per comunicare la dimissione della paziente. Era necessario liberare posti letto in previsione di una ondata di feriti di guerra. "Anche di lei oggi non abbiamo notizie".
"Non ho sentito neanche mio fratello, che ha 56 anni e vive in una zona centrale della città. Non riesco a chiamarlo da più di 48 ore ma un'altra persona mi ha detto che è vivo, la casa è in piedi ma non c'è elettricità. Un'altra mia amica invece mi ha scritto dallo scantinato in cui è rifugiata con i due figli piccoli". Lei parla e continua a parlare in russo. E continua a rispondere in russo a chi le chiede cosa può fare per aiutare, "demolendo il mito costruito ad arte dal Cremlino secondo cui il mondo russofono è filorusso". Non tutti, come è noto, in Ucraina adottano questa posizione: "un'altra mia conoscente mi ha detto poche ore fa: 'io sono russofona, ma farò di tutto perché i miei figli e nipoti non solo non parlino il russo ma neanche lo capiscano". Una paramedica, che aveva già combattuto nel 2015-2019, è tornata al fronte. Da Roma, Irina Kashchey chiede più coraggio ancora al governo italiano: "Più lo è, più vite umane si salveranno".
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