La terra in Italia frana. Ed è quella fertile
A causa della cementificazione e dell’abbandono l’Italia ha perso quasi 1/3 (30%) dei terreni agricoli nell’ultimo mezzo secolo
A causa della cementificazione e dell’abbandono l’Italia ha perso quasi 1/3 (30%) dei terreni agricoli nell’ultimo mezzo secolo con la superficie agricola utilizzabile in Italia che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari ed effetti sulla tenuta idrogeologica del territorio e sul deficit produttivo del Paese e la dipendenza agroalimentare dall’estero. E’ quanto ha affermato la Coldiretti in occasione della giornata mondiale dell’Ambiente celebrata dalle Nazioni Unite..
Il risultato è che in Italia oltre 9 comuni su 10 in Italia (il 93,9% del totale) secondo l’Ispra hanno parte del territorio in aree a rischio idrogeologico per frane ed alluvioni anche per effetto del cambiamento climatico in atto con una tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, il rapido passaggio dal sole al maltempo e precipitazioni brevi ed intense. Nel 2022 si sono verificati lungo la Penisola una media di 8,8 eventi estremi al giorno con vittime e danni incalcolabili secondo l’analisi della Coldiretti su dati Eswd. Per effetto delle coperture artificiali il suolo non riesce a garantire l’infiltrazione di acqua piovana che scorre in superficie aumentando la pericolosità idraulica del territorio nazionale secondo l’Ispra.
Per questo l’Italia deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività nelle campagne. La perdita delle campagne pesa anche sull’approvvigionamento alimentare del Paese in un momento in cui peraltro l’incertezza e la guerra sta provocando difficoltà negli scambi commerciali favorendo le speculazioni.
Il primo passo nella strada del recupero della capacità produttiva è lavorare sulle infrastrutture e sull’innovazione a partire dal sistema degli invasi necessarie per raccogliere l’acqua e combattere la siccità ma occorre anche investire sulla digitalizzazione delle con lo sviluppo di applicazioni di agricoltura di precisione, dall’ottimizzazione produttiva e qualitativa alla riduzione dei costi aziendali, dalla riduzione al minimo dell’impatto ambientale con sementi, fertilizzanti, agrofarmaci fino al taglio dell’uso di acqua e sul consumo di carburanti. In tale ottica è importante anche accelerare sul riconoscimento del ruolo delle nuove tecniche di evoluzione assistita (Nbt) per investire sulla genetica green capace di tutelare l’ambiente, proteggere le produzioni agricole con meno chimica e difendere il patrimonio di biodiversità.
L’ Italia può contare sull’agricoltura più green d’Europa con 5450 specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni censite dalle Regioni, 320 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, la leadership nel biologico con circa 86mila aziende agricole biologiche e una percentuale di appena lo 0,6% di prodotti agroalimentari nazionali con residui chimici irregolari, oltre 10 volte in meno dei prodotti di importazione, il cui tasso di non conformità in media è pari a 6,5% secondo elaborazioni su dati Efsa. È quanto afferma la Coldiretti,
Nel Belpaese ad esempio ci sono 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi e su 533 varietà di olive contro le 70 spagnole con ben 40mila aziende agricole impegnare nel custodire semi o piante a rischio di estinzione.
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