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Perché Di Francesco sarebbe l'identikit perfetto per Frosinone

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Allenatore in cerca di riscatto, da due stagioni fermo, ha sempre disegnato moduli di calcio propositivo e divertente

Poche parole quelle del presidente Maurizio Stirpe sul nuovo allenatore chiamato a sostituire Fabio Grosso sulla panca dei ciociari. Eleganti e poche le frasi anche per le motivazioni dell'addio, proprio perché il presente e domani si chiama nuovo allenatore. Diversi i papabili. E sulla corsa per la panchina laziale ci sono Andrea Stramaccioni ed Eusebio Di Francesco, che hanno un corposo vantaggio sulla griglia degli altri ipotetici canddidati. Ma le motivazioni restano il motore dell’anima, lo ha fatto capire a chiare note il presidente Stirpe quando ha tracciato seppure velocemente l'identikiti del suo allenatore ideale. Ed Eusebio Di Francesco crediamo che nella pausa che si è voluto prendere nell’ultimo momento della sua carriera di allenatore lo abbia vissuto riflettendo, lontano dall’amplificazione mediatica, probabilmente confrontandosi con le angosce del proprio io ma anche approfondendo moduli, tattiche e insegnamenti degli altri profeti di un calcio offensivo, propositivo e divertente. L’ho sempre ritenuto uno studioso Di Francesco. Ce lo ricordiamo, da allenatore, a Sassuolo, dove raccolse in serie B la difficile eredità di Fulvio Pea riuscendo peraltro lì dove il suo predecessore non era riuscito: la promozione in serie A. Nell’annata successiva, siamo nel 2013-14, coi neroverdi parte malissimo, poi riesce a raggiungere un’insperata salvezza, poi si ripete la stagione dopo portando addirittura gli emiliani in Europa League. La storia poi racconta di un altro anno sulla via Emilia, l’approdo a Roma, il terzo posto e la semifinale in Champions persa col Liverpool, purtroppo poi l’anno successivo avviene l’esonero. Da lì, e siamo arrivati al 2019, solo falsi riscatti e avvilimento: prima la Sampdoria, poi il Cagliari, infine il Verona. L’ultima sua apparizione in serie A è targata settembre 2021. Abbiamo detto che negli ultimi anni solo delusioni per l’Eusebio nazionale (chiamato così proprio in onore del grande campione portoghese): tra la Superba e la città degli innamorati passando per la Sardegna solo 33 panchine, col totale di 23 sconfitte e, ‘ovviamente’, 3 esoneri. Così, continuando a dare i numeri, sono 2 anni esatti che il tecnico nato a Pescara nel ’69 è fermo, ma crediamo che abbia una voglia di rivalsa come pochi, immaginiamo che abbia maturato le sue idee e convinzioni nel mondo del calcio giocato, che abbia anche eventualmente compreso gli errori che ne hanno arrestato un processo di crescita di guida tecnica che appariva inarrestabile. Con l’idea del 4-3-3 che all’occorrenza si allungava e/o accorciava in 3-4-2-1, Di Francesco ha sempre dimostrato grande duttilità rispetto alle risorse umane di cui disponeva.

Lo dico da tifoso romanista e da estimatore del bel calcio. La Roma giocava un calcio che divertiva e credo che quella sia stata l’ultima Roma propositiva, che ereditò quelle scintille di bellezza che le aveva infuso Rudi Garcia. Di Francesco ha dimostrato di saper coniugare talenti e veterani, di credere e abbracciare progetti, di riuscire a centrare obiettivi, forse deve ritrovare quella atmosfera di provincia che nel corso del tempo ha smarrito allenando in piazze viscerali e pretenziose, pronte a non perdonarti due sbagli di fila. E l’ambiente ideale si chiama Frosinone, dove guarda caso, ma forse nemmeno un po’, alla guida della società c’è un uomo pragmatico e riflessivo che somiglia tanto anche a Giorgio Squinzi, numero uno di Confindustria che aveva creato il giocattolo Sassuolo. E poi ritroverebbe un professionista con cui ha creato grandi cose proprio a Sassuolo, il direttore tecnico Guido Angelozzi.

17 Giugno
Autore
Gian Luca Campagna

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