L'Italia dopo gli All Blacks guarda ai pumas
Continuano i test match del quindici azzurro: dopo la partita contro la Nuova Zelanda sabato 13 affronteremo l'Argentina
Sulla sabbia vuole segnare una linea. Quello è il punto di partenza. Continuando con le metafore, il tecnico del quindici azzurro, il neozelandese Kieran Crowley, alla prima ufficiale, ha visto il bicchiere mezzo pieno dopo il match giocato all'Olimpico contro gli All Blacks. Il risultato parla chiaro: 9-47, ma il quindici azzurro ha tenuto testa ai titolati avversari per la prima mezz'ora, inchiodando i kiwi su uno 0-0 calcistico, sintesi di sacrificio difensivo e di una linea aggressiva, votata al placcaggio sistematico (infatti, a fine match saranno ben 190 i placcaggi difensivi degli azzurri).
L'atmosfera dell'Olimpico è stata inevitabilmente magica: contro c'erano i leggendari All Blacks, tant'è che al momento della haka maori, la tradizionale danza rituale, il pubblico ha seguito con fascino silenzioso per poi esplodere in un applauso. Cose che nel rugby appartengono al minutaggio. E gli applausi sono proseguiti per la performance degli azzurri, gladiatori in mischia, nient'affatto impauriti dagli avversari, pronti sempre a soffocare il gioco neozelandese, lanciando nella cantina del dimenticatoio una depressione latente frutto delle nostre 37 sconfitte di fila al SeiNazioni. Il campo a dispetto della giornata soleggiata sembrava un pantano, per quanto i neozelandesi non riuscivano ad avanzare sembrava una sorta di guerra di trincea, con gli italiani pronti a rintuzzare con sacrificio e animo da pugna, accettando la mischia, azzardando qualche reazione maschia con contatti al limite del regolamento, ma soprattutto costringendo i tuttineri a confluire in un imbuto azzurro da cui poi non riuscivano a districarsi. Tra gli scatti di Minozzi e i placcaggi di capitan Lamaro siamo riusciti anche a stazionare all'8' per ben 2' nei 22 metri neozelandesi, convinti che la diga tenesse all'infinito. Infatti, apprezzi il rugby anche quando il risultato resta inchiodato al fischio iniziale, soprattutto se fronteggi le divinità di questo sport duro ma corretto. Poi, il patatrac, inevitabile, ma non era questa la giornata per dimostrare al mondo che esiste un'Italia del rugby, anzi, era il giorno per manifestarlo, facendo capire che il nuovo quindci disegnato da Crowley non sarà più la vittima sacrificale. Lo spartiacque del match resta la prima meta kiwi, frutto di un nostro calo di concentrazione più che per reale forzatura avversaria: è il 28', paghiamo cara la sbavatura in mischia e Christie schiaccia in meta.
Poi, il resto diventa routine (e spettacolo): Coles, Reece, Aumua, Sotutu fissnao il risultato tra i piazzati azzurri. Chiaro, più che un test match quello contro gli All Blakc è stato un crash test. Ora la testa, cuore e anima vertono sui prossimi incontri che daranno ulteriori indicazioni a quel Crolwey che proprio in panca neozelandese vinse il Mondiale 1987: a Treviso sabato 13 sfideremo i pumas argentini, poi a Parma il 20 novembre gli uruguagi. Tutto in proiezione SeiNazioni in programma a febbraio.
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